A Palazzo delle Paure “L’inquietudine necessaria” di Franco Cardinali.
In mostra oltre 40 opere dell’artista ligure

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LECCO – Oltre quaranta opere – dai lavori della metà degli anni ’50 fino alle grandi ed enigmatiche tele degli ultimi anni – ripercorrono l’attività di Franco Cardinali, artista ligure scomparso nel 1985 al quale Palazzo delle Paure di Lecco dedica una mostra antologica. Si tratta di Franco Cardinali. Inquietudine necessaria, la mostra a cura di Raffaella Resch, prorogata sino al 18 di settembre 2019 e organizzata dal Comune di Lecco – Sistema Museale Urbano Lecchese, dalla Camera di Commercio di Como-Lecco e dall’Associazione Culturale Franco Cardinali. Un percorso espositivo, quello proposto, che segue uno sviluppo cronologico e tematico e che, di opera in opera, mette in luce le diverse fasi, i cambiamenti decisi, le intuizioni di un artista che ha conosciuto grandi nomi del Novecento, da Jacques Prévert a Jean Cocteau, passando per Pablo Picasso.

Cardinali che imita Dalí, atelier a Milano, mostra San Babila 1953

Un artista che, come spiegano gli organizzatori, si è distinto per personalità e che è stato attraversato, a più riprese e come suggerisce il titolo, da un’insaziabile inquietudine. Nato a Rapallo nel 1926, è poco più che ventenne quando Cardinali decide di trasferirsi a Parigi, formandosi nell’ambiente parigino di Montparnasse e nell’ambito dell’École de Paris, gruppo di artisti e intellettuali che operano proprio nella Ville Lumière nel periodo tra le due guerre. Nel dopoguerra espone, sotto il patrocinio proprio di Jean Cocteau, con gli artisti della Cité Vercingétorix, partecipa all’esuberante attività artistica di Vallauris ed espone alla Galleria Charpentier nel gruppo École de Paris, con opere selezionate da Raymond Nacenta. Conosce, come detto, anche Picasso, dal quale è stimolato a lavorare con la ceramica.

Franco Cardinali: Saint Hilare, 1955, olio su tela, cm 83×42, ph. Luca Maccotta

Tracce di influenze picassiane e modiglianesche si trovano, e ne è un esempio l’olio su tela Saint Hilaire (del 1955), nelle opere a cavallo degli anni ’50 e ’60, «condizionate – come spiega la curatrice della mostra – dalla ricerca di una figurazione originale, con risultati che fanno emergere sembianze da bassorilievo, da statuaria paleocristiana, subito abbandonata in favore di uno studio più attento alla materia. La sperimentazione sembra ancora ibridare la tela con la tridimensionalità della scultura, ma sposta in maniera irreversibile il fulcro della rappresentazione: l’opera non è più un oggetto posto a simularne un altro, bensì diviene protagonista».

Le superfici si fanno spesse, composite e vissute, trattate con interventi profondi, lacerature o crateri, «immaginando – riprendono gli organizzatori – che sul “corpo” della pittura si possano scatenare gli elementi: il fuoco possa incenerire come per Fleur incinérée del 1968, l’acqua possa dilavare come in Linge sale pour laver en familie dell’82, l’aria possa sollevare nuvole di polvere iridescente come in Site cosmique aux reflets d’aurore dell’83».

Tele che vanno oltre il visibile, che si aprono in ferite che oltrepassano la superficie, un po’ come in Fontana, e a cui si aggiunge, dalla fine degli anni Sessanta, il lavoro con la materia densa, in particolare sabbia trattata con caseina e pigmenti, che «passa da uno stato inerte –riprende Resch – a uno attivo, sperimentale, con combustioni (che, a differenza di Burri, sono “riprodotte” con la pittura), essiccazioni, mute di epidermide, impronte. L’opera si fa organismo vivente e diventa partecipe del mistero di un cosmo sempre più complesso».

Ed è proprio in corrispondenza con questo processo materico che si assiste a una semplificazione delle immagini in direzione astratta e simbolica, con opere quali Fossile lunaire del 1967, Trames liguriennes del 1968 e Segnale propiziatorio del 1977 e con lavori ispirati a un mondo naturale fatto di ambienti e animali inquietanti, quasi a rivelare un’insoddisfazione personale e artistica. La dimensione e il peso delle tele aumentano, «”nuovi dolmen” – così li definiscono dalla mostra – di un tempio che Cardinali sta dedicando alla sua arte inquieta, che sembra pretendere una redenzione o un sacrificio».

INFORMAZIONI – Fino al 18 settembre 2019 | Palazzo delle Paure di Lecco. ORARI: da martedì a venerdì dalle 9.30 alle 19, sabato e domenica dalle 10 alle 19. Ingresso libero.

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