Dai barconi naufragati nascono croci. Alla “Melesi” le opere di Tuccio

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croci lampedusaLECCO – Croci. Croci per tenere vivo il ricordo di tutte quelle persone che lasciano il loro Paese nel tentativo di raggiungere le nostre coste. Croci in legno, un legno non comune: quel legno che si può trovare solo a Lampedusa, dove le onde trascinano quello che resta dei barconi della speranza e, insieme, della disperazione. Croci colorate, realizzate da un falegname che il dramma dei naufragi nel Mediterraneo lo conosce da vicino: ha visto i cadaveri riaffiorare dal mare, li ha estratti dalle acque, li ha deposti sulle rive della sua isola, la splendida isola siciliana che da tempo ha dovuto imparare a convivere con tanta sofferenza.

papa con croce tuccioFrancesco Tuccio, artista lampedusano conosciuto come “il falegname  di Papa Francesco” in quanto autore di calice e pastorale per Papa Bergoglio, ha dedicato gli ultimi anni a un progetto importante e insieme emozionante: quello di realizzare una serie di croci con il legno dei barconi naufragati nel nostro caro Mediterraneo.

Un’idea avuta per sensibilizzare il mondo su un tema tanto serio e attuale e alla quale la Galleria Melesi di Lecco e il Coe stando dedicando una serie di iniziative. Protagonista della terza edizione di Arte e Fede, tavola rotonda che si è tenuta nel pomeriggio di sabato 13 dicembre presso Palazzo delle Paure di Lecco, a Francesco Tuccio e alle sue opere è dedicata anche la mostra allestita negli spazi della Galleria Melesi di via Mascari, visitabile  sino al 24 di gennaio 2015. Un’esposizione dal titolo Ero straniero e mi avete accolto (Mt 25,35). Le Croci di Francesco Tuccio, il falegname di Papa Francesco, inaugurata proprio nel tardo pomeriggio di sabato 13 e caratterizzata da un notevole corpus di opere firmate dall’artigiano lampedusano. Una successione di croci colorate e dalle diverse dimensioni, capaci di evocare insieme memoria e speranza.

croci tuccioMa com’è nata l’idea di realizzare quelle croci che stanno facendo il giro del mondo? È l’aprile del 2009 quando sin dalle prime ore del mattino Tuccio è impegnato nel recuperare, insieme ad altri compaesani, i corpi senza vita di migranti provenienti dalla Somalia. Un centinaio di cadaveri, estratti senza vita dalle acque del Mare Nostrum e di cui i mezzi di informazione non sembrano voler parlare: a monopolizzare l’attenzione è un altro gravissimo fatto, il terremoto in Abruzzo. Di fronte al silenzio dei media, Tuccio si ferma a riflettere su come poter attirare l’attenzione su Lampedusa e sul dramma dei naufragi: passeggiando sulla spiaggia, il falegname si imbatte in due travi colorate, posizionate in un modo che ricorda una croce. Si tratta, come si può intuire, di pezzi di un barcone di migranti naufragato, inizio, questo, di un’intuizione: da quei reperti possono nascere degli oggetti d’arte, belli e carichi di speranza per il futuro.

Sabina Melesi, Francesco Tuccio e il sindaco Virginio Brivio durante l'inaugurazione della mostra

Sabina Melesi, Francesco Tuccio e il sindaco Virginio Brivio durante l’inaugurazione della mostra

«Il messaggio delle mie opere e delle croci create con il legno dei barconi dei migranti – spiega, infatti, Tuccio – è quello di dare voce alla sofferenze degli stessi, dei più deboli che vengono emarginati e Papa Francesco si è fatto straordinario interprete di questo messaggio di solidarietà. Molte persone e molte parrocchie – racconta – richiedono le croci non come souvenir ma come segno di riconoscimento e condivisione della sofferenza dei migranti». Croci che stanno raggiungendo località diverse, non solo in Italia, ma anche «in Germania, in America, in Israele e in Benin», senza tralasciare la vicina Francia, dove sono in mostra al museo parigino Cité Nationale de l’Histoire de l’Immigration.

INFORMAZIONI TECNICHE SULLA MOSTRA

Orari: dal 13 al 24 dicembre 2014 tutti i giorni dalle 16 alle 19; dal 7 al 24 gennaio 2015 da martedì a sabato dalle 16 alle 19. Altri orari su appuntamento (info@galleriamelesi.com).

Ingresso libero

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L'autore di questo articolo

Valentina Sala

È la “flâneuse” che non smette mai di flaneggiare (?): in continuo vagabondaggio tra luoghi (certo) e soprattutto nuovi progetti da realizzare, dirige il giornale in modo non proprio autoritario (!). Ideatrice e cofondatrice de Il Flâneur, non si accontenta di un solo lavoro. Giornalista, ufficio stampa culturale, insegnante di Comunicazione, indossa l’uno o l’altro cappello a seconda delle situazioni. Laureata in Editoria con il massimo dei voti, ama approfondire il rapporto tra città e letterati (sua, infatti, la tesi sulla Parigi di Émile Zola e la Vienna di Joseph Roth), i romanzi che raccontano un’epoca, i film di François Truffaut, le grandi città e, naturalmente, il viaggio flaneggiante, specie se a zonzo per le strade d’Europa. Per contattarla: valentina.sala@ilflaneur.com