di Giuseppe Leone
LECCO – C’era pubblico, ma non quanto avrebbe meritato la bella e interessante conversazione della professoressa Gilda Tentorio, insegnante di lettere al liceo Maiorana di Desio, docente di lingua e letteratura neogreca presso l’Università di Pavia e membro del consiglio direttivo della delegazione Aicc di Lecco, tenuta la sera del 18 maggio, sul tema “Il Partenone, simbolo identitario e testimone della crisi greca”, nell’aula magna del liceo “Manzoni”, su proposta dell’Associazione italiana di cultura classica. Una serata importante, non solo perché l’ultima di una stagione di successo, come ricorderà in apertura la presidente Marca Mutti Garimberti, ma per quanto ci ha messo di suo la professoressa Tentorio, parlando del rapporto indissolubile che da sempre lega i Greci al Partenone, in particolare gli Ateniesi, a partire dal V secolo a.C. fino alla crisi odierna dello stato greco.
Lo ha fatto tra suggestioni artistiche e richiami storiografici, soffermandosi, ora, sulle sue colonne, i suoi frontoni, le sue metope, la statua crisoelefantina di Atena, l’Eretteo, i Propilei e le sue più recenti aggiunte, come i sentieri di Pikionis di fronte all’Acropoli e il nuovo “Partenone” in ferrocemento e vetro progettato da Renzo Piano; ora, sulla sua riduzione in chiesa cristiana dedicata a Maria in epoca bizantina e in moschea all’indomani della sottomissione turca; la sua parziale distruzione nel 1687 ad opera di un mortaio veneziano quando il Partenone venne usato come polveriera nonché l’asportazione di gran parte delle sue sculture soprattutto da lord Elgin nel 1801; la sua ricostruzione e rinascita in seguito all’indipendenza della Grecia nel 1830.
Il tutto in un andirivieni di immagini e notizie che ritraggono il Partenone come una presenza, ora, muta, inquietante e minacciosa, ora, anche, loquace, amorevole e paterna, di cui la professoressa conferma la sua valenza simbolo dell’identità nazionale greca, ricordando, prima, la resistenza che i greci fecero ai futuristi che ne chiedevano la demolizione, al punto che Marinetti, consapevole dell’orgoglio nazionale ellenico, nel manifesto dei giovani artisti futuristi greci del ’33, farà parlare il monumento per invitarli ad allontanarsi dalla tradizione; e poi, la nuova richiesta di rimpatrio dei marmi fatta da Melina Mercouri, la famosa attrice e ministro della cultura greca, che nel 1983 smosse l’opinione pubblica mondiale piangendo di fronte ai marmi Elgin di Londra.
Una narrazione controcorrente, questa di Gilda Tentorio, lontana dalla vulgata che vuole la Grecia sciupona e così poco attenta ai suoi bilanci pubblici; che porta i riflettori sopra una storia ineguagliabile di passioni e d’orgoglio nazionale di un popolo consapevole di ospitare ancora tra le colonne del Partenone Socrate, Platone e Aristotele e quel che segue di tutta una sapienza che non avrebbe smesso nemmeno per un istante di soffiare sull’attualità di questo presente greco che la professoressa descrive come uno dei più fiorenti della sua storia, con teatri che lavorano a tempo pieno, mostre con visitatori d’ogni parte del mondo e manifestazioni culturali d’ogni genere.
Giuseppe Leone