A UN’ORA DA QUI: al Teatro Litta “Opera Antigone”, tragedia sofoclea che si fa contemporanea. La recensione

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MILANO – Può una tragedia sofoclea del 422 a.C. aprirsi alla contemporaneità ed essere attuale? La risposta è sì, se la scelta registica si concentra sui temi forti, sui valori condivisi e sull’umanità dei personaggi. Così Opera Antigone di Teatro del Simposio spettacolo andato in scena a Milano MTM Teatro Litta dal 21 al 26 novembre 2017 (prima nazionale), con la regia di Francesco Leschiera e l’elaborazione drammaturgica di Giulia Lombezzi e Antonello Antinolfi – riesce a rendere efficace l’Antigone di Sofocle al pubblico del 2017. «La contemporaneità – ci spiega il regista – sta nell’intento di esplorare l’uomo, nelle sfaccettature del suo intimo, mettendo a nudo le fragilità del personaggio, che sono le stesse dell’artista e del pubblico».

ismeneÈ l’uomo, infatti, a emergere nell’opera, aperta dal prologo di Tiresia e incorniciata dal racconto di Ismene, che, personaggio secondario in Sofocle, qui rappresenta la ragionevolezza, la mediazione, la saggezza e si fa guida dello spettatore attraverso le vicende.

L’indovino cieco entra in scena uscendo dalla placenta soffocante della menzogna e rivolge al pubblico una riflessione sulla verità e sul futuro spesso crudele, immaginando un destino diverso per i figli di Edipo, una diversa idea di famiglia per loro. Tiresia poi si allontana attraversando la platea, che per l’interazione con il coro e con il pubblico è palcoscenico essa stessa, e Ismene raccoglie la parola, rivolgendosi agli spettatori e ai suoi fratelli Eteocle, Polinice e Antigone, che, bambini, giocano in scena: «bisognerebbe non diventar mai grandi –  afferma prima di prospettare il terribile futuro – sarò sola in questa città».

Tra i temi di attualità già presenti in Sofocle e amplificati in scena sicuramente quello della famiglia, che qui si estende a quello della comunità, della città, della patria. Questo tema, come quello del conflitto tra diritto naturale, connaturato all’uomo, e diritto positivo, proprio delle leggi stabilite, è osservato dalle diverse prospettive dei personaggi.

attoriTiresia e Ismene, come Emone e Creonte, come Antigone: le loro storie viaggiano parallele a quella della narrazione «come degli spin-off   – ci dice la drammaturga Giulia Lombezzi, alla sua prima collaborazione con la compagnia – che rivelano pensieri, emozioni, riflessioni di personaggi finora sottaciuti». L’approfondimento sull’umanità dei personaggi e sulla loro fragilità si è reso possibile in sede drammaturgica «andando a riempire i vuoti – aggiunge Antonello Antinolfi – presenti nella tragedia sofoclea e disponibili ad essere raccontati nella classicità e anche attualizzati».

Classico e contemporaneo convivono anche nei costumi degli attori che, tradizionali greci sul palco, diventano moderni nella discesa in platea e nel dialogo col pubblico, che si sente coinvolto e partecipe, grazie alla decisione riuscita del regista Francesco Leschiera.  Moderna e essenziale la scenografia: le sette porte di Tebe, sottili e leggere sul palcoscenico, appaiono e scompaiono a seconda dei giochi di luce, una scala sullo sfondo è il palazzo di Creonte, le balconate del teatro sono le strade della città.

L’attualità di questo spettacolo, basato su un’estrema cura dei monologhi e dei dialoghi tra gli attori e con il coro, che è pubblico, risiede anche nel linguaggio che amalgama la classicità e il lirismo propri di Antinolfi e la contemporaneità di Giulia Lombezzi: il risultato è un linguaggio liberato, condiviso e molto ben bilanciato, in grado di manifestare la forza e la fragilità.

Ed è fragilità la parola su cui è costruita la struttura di Opera Antigone. Fragilità di Ismene, di Emone, figlio di Creonte e promesso sposo di Antigone, di Creonte stesso, re di Tebe. Fragilità di Antigone, solitamente dipinta come l’eroina forte, irremovibile sulla sua decisione di sacrificarsi per rendere onore al fratello Polinice, condannato da Creonte a restare insepolto. Anche di Antigone sono mostrati la debolezza e il dolore, che lei prova e che provoca alla sua città, che la abbandona nel momento in cui lei invoca il suo aiuto. Si innesca, quindi, la fragilità dell’uomo contro la sua comunità che, da alleata e complice, diventa ostile e destabilizza anche il tiranno Creonte che indugia, balbetta e definitivamente crolla, vittima della sua stessa testardaggine. Su questa rete di fragilità si sviluppa Opera Antigone, tragedia che proprio nella fragilità umana trova la sua forza.

Claudia Farina

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.