RADIO FLÂNEUR – “Alchemaya” di Max Gazzè. L’opera “sintonica” che mescola pop, sintetizzatori e un’orchestra sinfonica

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Prendete il suono di un’intera orchestra sinfonica e quello dei sintetizzatori elettronici, l’anima pop(olare) delle sue canzoni più note unita all’estro creativo che da sempre contraddistingue il percorso artistico di Max Gazzè: miscelate il tutto e otterrete l’essenza di Alchemaya, il nuovo e per giunta doppio album del cantautore romano. Un album giustamente diviso in due parti molto diverse fra loro: il primo disco comprende il nocciolo creativo che ha dato avvio a questo nuovo progetto, ovvero le composizioni inedite relative all’opera sintonica vera e propria concepita da Max insieme al fratello Francesco; il secondo disco invece raccoglie come in una sorta di best of alcuni dei brani più famosi di Gazzè, rivisitati qui in una nuovissima veste orchestrale, che trasforma e in alcuni casi spiazza l’ascoltatore per una potenza e una raffinatezza sonora che nelle versioni originali e pop non emergeva così nettamente.

Alchemaya – il cui titolo prende spunto direttamente dal termine “alchimia”, in greco “fondere” – è il frutto riuscito di una ricerca sonora e letteraria durata anni, un’opera che unisce cultura alta e cultura bassa, musica sinfonica e sintetizzatori, brani pop e testi ispirati dallo studio e dalla lettura di testi esoterici, mitologia antica, fisica quantistica e filosofia orientale; un concept album diviso in due atti – Alchemaya e i brani del repertorio rivisitati in chiave classica, più tre inediti – per un progetto definito dallo stesso Gazzé come “sintonico” proprio perché fonde e unisce i sintetizzatori e la musica sinfonica. Il merito maggiore di Max Gazzè in questo nuovo lavoro è quello di riuscire a essere sempre credibile in ogni passaggio del disco, dimostrando un’intelligenza e una genialità artistica non da tutti, che per approccio e ispirazione lo avvicinano molto al più filosofico e sperimentatore dei nostri cantautori, ovvero Franco Battiato; e non per niente Gazzè è da anni considerato uno degli eredi più brillanti del maestro siciliano, uno dei primi ad aver coniugato “alto” e “basso” nella musica pop-rock italiana.

La prima parte di Alchemaya è un’opera sinfonica inedita composta da undici brani realizzati per l’occasione, che racconta alla maniera di Gazzé l’origine del mondo e l’evoluzione dell’uomo: le liriche sono direttamente ispirate e tratte da testi sacri come la Bibbia, i manoscritti di Qumran o le Tavole Smeraldine, ma anche da saggi esoterici e altri scritti filosofici ai quali Gazzè ha dedicato anni di letture, studi e approfondimenti. Sicuramente è un disco ostico, difficile e molto complesso, a tratti incomprensibile se non si hanno determinate conoscenze in materia: tuttavia nel suo complesso risulta ugualmente un progetto intrigante, ben scritto, arrangiato e interpretato, che mette in luce le innate doti compositive e la voglia di sperimentare di Gazzè.

Molto più agevole il secondo disco di Alchemaya, ovvero una raccolta delle canzoni più conosciute di Gazzè magistralmente riarrangiate in chiave orchestrale dal Maestro Clemente Ferrari e suonate dalla Bohemian Symphony Orchestra insieme alla band di Gazzè: dalla mitica La favola di Adamo ed Eva fino ai tormentoni più recenti di Sotto casa e La vita com’è, passando per le bellissime Mentre dormi, Il timido ubriaco o Il solito sesso, il disco è un appassionato e a tratti stupefacente viaggio nella musica di Max, che mette in risalto una volta di più l’articolata struttura musicale che compone queste canzoni solo in apparenza leggere e scanzonate. Cara Valentina o Ti sembra normale sono lì a dimostrare esattamente questo aspetto: dietro a un motivetto orecchiabile che si stampa in testa fin dal primo momento, esistono linee musicali e compositive molto più strutturate, che l’azione di un’intera orchestra sinfonica ha saputo mettere in primo piano ed enfatizzare a dovere.

Ai brani già noti si aggiungono poi tre inediti: la delicata Se soltanto, Un brivido a notte e soprattutto La leggenda di Cristalda e Pizzomunno, canzone presentata al Festival di Sanremo che dimostra una volta di più il concetto di fusione tra “alto” e “basso” che sta alla base di tutto Alchemaya: a fronte di una canzone pop presentata al più nazional-popolare dei Festival, Gazzè ha saputo elevare a rango artistico una leggenda pugliese tramandata a livello popolare fin dal XV secolo.

L’estro e la genialità di Max Gazzè, insieme alla bellezza e all’importanza di un disco come Alchemaya, stanno tutte qui: nell’aver saputo mischiare con una certa dose di coraggio e altrettanta preparazione tecnica concetti alti e bassi, colti e popolari, musica sinfonica e motivi pop, sintetizzatori e orchestra, dimostrando in questo modo una libertà artistica non comune nel panorama musicale italiano dei nostri giorni. E tal proposito vale la citazione di Giordano Bruno contenuta all’interno del disco – molto curato e raffinato anche il packaging, che sarà anche solo una questione estetica ma fa sempre la sua bella figura! – la quale recita così: “l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto sarà libero anche qui in questo mondo…”.

Matteo Manente

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