“Flash-Mode” – Yohji Yamamoto: quando la moda non è perfezione

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Rubrica a cura degli studenti di Fashion Design dell’Ateneo ISGMD di Lecco

«Credo che la perfezione sia una cosa orribile: voglio vedere cicatrici, fallimento, disordine e distorsione…i vestiti rappresentano la conoscenza, il linguaggio, l’arte e l’amore, il tempo e la morte. La condizione dell’uomo, sospeso tra creazione e lotta».

Così Yohji Yamamoto, uno dei maggiori stilisti giapponesi, definisce il suo stile e la sua idea artistica della moda. Spiegare la filosofia di Yamamoto è qualcosa di difficile, che nel 1989 il celebre regista Wim Wenders ha cercato di raccontare nel suo documentario Appunti di viaggio su moda e città. Nato a Tokyo nel 1943 e cresciuto in un contesto di fine seconda guerra mondiale, Yamamoto si laurea al Bunka Fashion College e sin da subito diventa uno degli stilisti più influenti al mondo, grazie alla sua concezione rivoluzionaria contro l’haute couture della prima metà del Novecento.

La parola chiave del suo stile è libertà: tagli asimmetrici, netti e accentuati, vestibilità eccessiva, taglie over-size, capi unisex, collage di stoffe e di tessuti, eliminazione del dettaglio, linee semplici, pulite e minimali. Il suo obiettivo è quello di creare abiti unici spesso incompiuti, stracciati e trasandati, con imbastiture e cuciture a vista: i capi devono essere vissuti, la persona che li indossa deve essere libera di poter esprimere la propria identità, senza ideali di bellezza e stereotipi.

Una moda, quella di Yamamoto, che viene definita “post-atomica e post-moderna”: una moda rivoluzionaria e all’avanguardia, lontana dal classico buon gusto e in forte contrasto con i principi della società consumista e del fast-fashion. Il costante mutamento sociale, infatti, è l’espressione più evidente dell’insensata ricerca di perfezione a cui Yamamoto si oppone. Gli abiti devono coprire e proteggere il corpo e creare una forma individuale su chi li indossa, poiché ogni persona ha la propria figura e personalità ed è proprio quest’ultima a dover agire e trasformare l’abito.

Perché, come afferma lo stilista, «lo stile è l’arte di mischiare».

Irene Persico

3^ Fashion Design

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