#IViaggiDelFlâneur – Amburgo, libera e anseatica

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Il recupero del passato, con il centro storico in gran parte ricostruito. Ma anche, e soprattutto, lo sguardo aperto al mondo e al futuro, con il gigantesco porto e la recente HafenCity. L’eleganza dell’Alt- e della Neustadt che fa rima, qui, con la stravaganza di un quartiere, St. Pauli, divenuto celebre per la vita notturna, la trasgressione e la forte tradizione popolare, operaia, punk. E ancora la ricchezza di una città che è la seconda di Germania ma che si mostra accessibile, con panini di pesce a tre euro e biglietti dei mezzi pubblici più convenienti che in altre grandi città europee.

Una metropoli, Amburgo, di contrasti e di sorprese, dove alle luci caotiche della notte sulla Reeperbahn risponde il buio silenzioso di una Speicherstadt addormentata sui suoi canali e dove splendide ville lungo la spiaggia sull’Elba di Blankenese si affacciano su un insolito panorama fatto di bagnanti e gru.

Con un passato di città anseatica e un titolo che, ancora oggi, la definisce Freie und Hansestadt Hamburg, Amburgo è insieme storica e avveniristica, raffinata e alternativa, ricca e solidale. In una sola parola aperta. Aperta al mondo, alle genti, alle diversità, alle novità: una città che non sta ferma, in gara con Berlino per scena electro-punk e proiezione in avanti, con una fama che la precede e che la rende meta per chi è in cerca non solo di divertimento, ma anche di quell’inconfondibile senso di libertà.

C’è, innanzitutto, il suo centro storico: distrutta quasi completamente durante la seconda guerra mondiale e ricostruita, l’Altstadt è il cuore della vecchia Amburgo e le conferisce, insieme alla vicina Neustadt, un volto elegante. Palazzi e caffè lussuosi, portici, ristoranti, passages e negozi di alta moda si susseguono nelle vie di questi due quartieri centrali, dove il rapporto con l’acqua si ritrova lungo i canali e la sponda del Binnenalster. Sopravvissuto ai bombardamenti, il Rathaus è tra i monumenti più celebri: di fine Ottocento, stile neorinascimentale con elementi neobarocchi, è immagine dello sfarzo di questa parte della città. Non molto lontano, ciò che resta della Chiesa di San Nicola in quello che oggi è chiamato Mahnmal Sankt-Nikolai: distrutta anch’essa, si è scelto di non ricostruirla e di trasformarla in un memoriale, museo dedicato alle devastazioni della seconda guerra mondiale e altro prezioso simbolo cittadino. La sua torre, nell’Ottocento la più alta al mondo, sembra puntare al cielo e insieme porta con sé il segno tangibile della distruzione. Pochi passi ancora e si può raggiungere la pittoresca Deichstrasse, unica via che conserva edifici del XVII e XVIII secolo scampati all’incendio di metà Ottocento.

Ma, come anticipato, l’anima di Amburgo va ben oltre l’eleganza del suo centro storico e, anzi, si fa davvero interessante quando ci si spinge verso la Speicherstadt e, più in là, lungo l’Elba. Patrimonio Unesco, la Speicherstadt è la storica – e funzionante – zona dei magazzini del porto, il più grande deposito per lo stoccaggio delle merci del mondo, dove trova spazio, tra le altre cose, anche il Museo Marittimo Internazionale. Con i caratteristici mattoni rossi, è un susseguirsi di edifici affacciati sui canali, labirinto di strade e ponti che sconfina nella vicina e ardita HafenCity, progetto di sviluppo urbano partito con il nuovo millennio con l’intento di riqualificare una zona degradata del porto. Lì, quasi a metà tra Speicherstadt e HafenCity, affacciata sul fiume, l’imponente Elbphilarmonie, spettacolare filarmonica dell’Elba. Sotto, alla base, ciò che resta di un vecchio magazzino di cacao, tè e tabacco; sopra, visibile un po’ da tutta la città, una costruzione sinuosa e fatta di specchi, metafora di acqua e movimento.

Da lì una passeggiata lungo l’Elba, almeno fino a Landungsbrücken, ai piedi di Sankt Pauli: una promenade di scorci sul porto, incontro di acqua e cielo, gabbiani e Fishbrötchen, tipici panini con aringhe (marinate o in salamoia), ma anche gamberetti, sgombri, salmone. Qui si vive l’anima di Amburgo, quella fortemente marinara, portuale, aperta. Basta salire di poco in direzione Sankt Pauli per uno sguardo dall’alto: navi, traghetti turistici in stile New Orleans, ferrovie, graffiti, gru e, un po’ più a destra, il mercato del pesce all’alba e la stramba StrandPauli, spiaggia sul porto.

Di giorno le vie che si snodano a partire dalla Reeperbahn, cuore di Sankt Pauli, portano i segni della notte precedente, un silenzio come ovattato. Verso sera, il quartiere non si smentisce: un carnevale di insegne al neon, musica dal vivo, manifesti strappati, locali – e case – a luci rosse e, specie nel fine settimana, fiumi di persone più o meno su di giri, determinate a non darsi dei limiti. Un’immagine cittadina che sconfina nel kitch ma in cui si rintraccia anche quella forte identità libertina e progressista che ha reso il quartiere – e la città – celebre nel mondo. Un’identità che ritroviamo, forse ancora più autentica, in Schanzenviertel, appena a nord di Sankt Pauli, oggi centro della cultura alternativa di Amburgo. Nato come quartiere residenziale per la classe operaia, Schanze – così lo chiamano in città – è divenuto punto di ritrovo per studenti, musicisti e artisti, volto bohémien di Amburgo. E ancora, tra i quartieri, quello più rilassato ma sempre originale e alla moda di Altona, a ovest: con bar curati e di tendenza e il balcone da cui si gode una vista impareggiabile sul porto, Altona appare quasi un paese a sé ed è perfetto per chi è in cerca di divertimento ma non ama gli eccessi di St. Pauli.

Sì, perché Amburgo si diverte a giocare con gli estremi. Rare le mezze misure. Difficile restare indifferenti, distaccati. Dentro, nella parte vecchia, un’eleganza d’altri tempi. Tutt’intorno, il dinamismo vibrante di una metropoli che non si accontenta della bellezza classica, che si apre al mondo e che sperimenta. Prende un po’ di Berlino e ci aggiunge – oltre a un centro storico definito e riconoscibile – lo sguardo verso il mare. L’anima anseatica.

Valentina Sala

Foto @ Valentina Sala

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L'autore di questo articolo

Valentina Sala

È la “flâneuse” che non smette mai di flaneggiare (?): in continuo vagabondaggio tra luoghi (certo) e soprattutto nuovi progetti da realizzare, dirige il giornale in modo non proprio autoritario (!). Ideatrice e cofondatrice de Il Flâneur, non si accontenta di un solo lavoro. Giornalista, ufficio stampa culturale, insegnante di Comunicazione, indossa l’uno o l’altro cappello a seconda delle situazioni. Laureata in Editoria con il massimo dei voti, ama approfondire il rapporto tra città e letterati (sua, infatti, la tesi sulla Parigi di Émile Zola e la Vienna di Joseph Roth), i romanzi che raccontano un’epoca, i film di François Truffaut, le grandi città e, naturalmente, il viaggio flaneggiante, specie se a zonzo per le strade d’Europa. Per contattarla: valentina.sala@ilflaneur.com