Donna, musa e artista. Se n’è parlato nel terzo incontro de “La Donna nell’Arte”

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LECCO – Complesso essere donna. Difficile diventare artista. Quasi impossibile, parrebbe, essere donna e artista insieme. Artista e non musa, artista che crea e si afferma in virtù della propria arte, e non in quanto “moglie di…”, “amante”, “musa ispiratrice per…”. Che dire delle donne artiste? La memoria collettiva è gremita di nomi di grandi pittori, scultori, architetti, uomini, ma a stento un nome femminile si fa largo in questo empireo di maschi.

Simona Bartolena

Simona Bartolena

Un tema, quello del difficile ruolo che la donna artista ha avuto nell’arte moderna e contemporanea, che è stato al centro del terzo appuntamento con la rassegna “La Donna dell’Arte. Creatrice e protagonista, il ciclo di incontri promosso da Inner Wheel Lecco. Ad affrontarlo è stata la critica Simona Bartolena, che nel tardo pomeriggio di martedì 20 maggio, dinanzi a una sala conferenze di Palazzo Falk gremita di pubblico, ha pronunciato molti nomi. Nomi di donne che hanno intrapreso la strada dell’arte per gioco, per scommessa, per fuga, per autoaffermazione. Donne che hanno cercato nell’arte l’emancipazione che la società, ancora sino ai primi decenni del Novecento, negava loro.

Elizabeth Siddal, per esempio: moglie del preraffaellita Dante Gabriel Rossetti e prima supermodella della storia, che frequentando i pittori e avvicinandosi all’arte, decide di diventare artista ella stessa. Berthe Morisot, impressionista sotto la guida illuminata di Manet, coraggiosa nel seguirne gli indirizzi eversivi, che riprende i soggetti quotidiani tipici dell’Impressionismo, ma vi aggiunge quella dolcezza che è uno fra i pochissimi specifici dell’arte “al femminile”. L’americana Mary Cassatt, capostipite di una “stirpe” di artiste che dal Nuovo Mondo giungono in Europa, e in particolare a Parigi, per dedicarsi alla propria vocazione. E ancora Camille Claudel, sorella del poeta Paul, amante e musa di Rodin, la cui personalità artistica è tanto forte da influenzare il Rodin della “Porta dell’Inferno”, e che pure soccombe al di lui abbandono e impazzisce (trascorrerà in manicomio gli ultimi trent’anni della sua vita), negando per sempre la propria arte. Suzanne Valadon che, viceversa, promuove un modello di donna forte che “gioca” con l’arte, irriverente e sicura in un mondo dominato dagli uomini.

La Bartolena scorre rapida, nella sua esposizione, decenni impetuosi sotto il profilo artistico e culturale, e che pure continuano a riservare alla donna artista una posizione di secondario rilievo. Neppure le Avanguardie storiche ne valorizzano l’operato, esibendo piuttosto un certo esasperato maschilismo. Ne emergono splendenti, tuttavia, figure come la fotografa Dora Maar, una fra le prime “esploratrici” della tecnica del fotomontaggio; o Gabriele Münter, compagna di Kandinskij e vicina all’Espressionismo tedesco, che contribuì coraggiosamente a salvare dalle SS molte opere Der Blaue Reiter, considerate “arte degenere” dal regime nazista; o ancora Sonia Delaunay, e Benedetta Cappa, moglie di Marinetti, che risponde al suo “Manifesto futurista”, molto aggressivo nei confronti del femminile, con un “Manifesto della donna futurista”, confutandone in parte le tesi, Meret Oppenheim, che smette di lavorare quando inizia a sentirsi strumentalizzata, a seguito di un successo immediato quanto inatteso, e di altrettanto immediate banalizzazioni dei suoi lavori.

donna nell'arteNomi che si succedono e che disegnano una storia parallela, coraggiosa, ancora sconosciuta alla Storia dell’Arte ufficiale. Una storia che porta sino ai nomi più noti di Frida Kahlo, vicina al Surrealismo che significativamente mescola alla cultura messicana, e Tamara de Lempicka, femme fatale la cui personalità si è imposta sull’arte, sino a fagocitarla.

Nomi che si ricongiungono all’oggi grazie alla partecipazione di Piera Biffi, fotografa, che testimonia del difficile ruolo della donna-artista e che intende ricongiungere nel progetto in fieri su cui sta lavorando le donne del passato a quelle del presente: fotografie di donne che mescolano la propria corporeità all’astrazione della tela, che si inseriscono in sorprendente amalgama in tele di altre donne che, un tempo, rappresentarono donne. Un modernissimo e originale tripudio dell’eterno feminino che lotta, è sconfitto, ma non soccombe.

L’ultimo appuntamento con la rassegna è in programma per martedì 27 maggio alle 18, sempre a Palazzo Falk.

Katia Angioletti

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Katia Angioletti