LECCO – Una mostra che racconta la produzione di un artista lecchese che in un decennio di sperimentazione e riflessione sulla contemporaneità ha sviluppato un percorso coerente e a volte anticipatore, soprattutto nel campo del rapporto tra uomo e nuove tecnologie. Stiamo parlando di Habeas corpus: sommario di decomposizione, una personale di Nicolò Tomaini a cura di Filippo Mollea Ceirano e Sabina Melesi, realizzata in collaborazione con il Comune di Lecco – Sistema Museale Urbano Lecchese (Si.M.U.L). La mostra, allestita all’interno del Polo Museale di Palazzo delle Paure e in programma dal 22 maggio (inaugurazione alle 17) all’11 luglio 2021, intende offrire una panoramica completa – con una settantina di opere esposte – dei principali percorsi di ricerca dell’artista nato a Bellano, classe 1989.
Appena più che trentenne, Tomaini ha saputo cogliere alcuni nodi tra i più spinosi della nostra epoca, a partire dall’invadenza delle nuove tecnologie che si sono impadronite della comunicazione interpersonale, privando le persone della possibilità di rapportarsi direttamente le une con le altre e portandole a prediligere immagini che scorrono veloci davanti ai loro occhi.
Fin dalle prime opere Tomaini prende posizione, avverte il pericolo e riflette sulla tirannia dei social networks: dalle icone di Facebook e Twitter che si trasformano nei simboli di passate dittature o in strumenti di morte agli smartphone che si affiancano a selci e tavolette di argilla impresse da caratteri cuneiformi, formano la base di simbolici crocifissi o, ancora, divengono supporto di lettere che formano brevi parole (EGO, INRI).
Nei lavori successivi l’artista continua la sua indagine su una comunicazione in cui la macchina prende il controllo dell’idea, della creazione, degradandola a un’icona predefinita: nei Monocromi il colore non è più il risultato della ricerca cromatica, bensì logo del programma Paint riprodotto in un angolo della tela, quest’ultima lasciata completamente vuota per ricordare che basta un comando per riempire di colore un intero spazio. Stesso discorso per i ritratti di scrittori e intellettuali, nei quali viene riprodotta su tavola la relativa pagina di Wikipedia, o per la cronistoria dell’attività di messaggeria che diviene Ritratto di amanti, a sottolineare come un rapporto amoroso si riduca a uno scambio di brevi frasi digitalizzate. O ancora, nella serie Le 120 giornate di Sodoma, l’arte ridotta a gadget da vendere, con le opere se si intravedono all’interno di pacchi da spedizione Amazon.
Altra tematica indagata e in mostra è la mediazione tecnologica in grado di impadronirsi completamente dell’immagine stessa, condizionando completamente chi osserva. E così opere originali, come vecchi ritratti o paesaggi, vengono in parte ricoperte per riprodurre l’effetto del caricamento sullo schermo del computer, o ancora al dipinto vengono sovrapposti frecce e barre di scorrimento. Sempre all’interno di questo filone la serie Studio for a loading, in cui le immagini di noti capolavori del passato sono impresse su lastre di metacrilato trasparente, fissate nella fase del caricamento sullo schermo.
Ancora più radicale, infine, la recente serie Silicio, in cui il quadro si divide in una parte in cui l’opera originale è materialmente scomposta e una in cui sono riportati i caratteri digitali del codice sorgente che contiene gli algoritmi di distruzione dell’immagine.
«Si dice che nessuno è profeta in patria, fa eccezione Nicolò Tomaini. Credo – commenta la curatrice e gallerista lecchese Sabina Melesi – di poter affermare con certezza che sia lui l’artista più giovane che abbia mai esposto in queste prestigiose sale con una mostra personale. Lecco, la sua città, lo onora giovanissimo. Lo dobbiamo a un’assessore alla Cultura aperta e lungimirante come lo è Simona Piazza e a un’amministrazione comunale che ha accettato questa sfida senza esitazione, dando piena fiducia al nostro operato. Fiducia che noi tutti, artista e curatori, speriamo di esserci meritata. Ci siamo impegnati per presentare alla città una mostra completa ed esaustiva, con quasi 70 opere che coprono un arco di tempo che va dai primi anni ‘10 del nostro secolo ad oggi. L’allestimento, rigoroso e pulito, presenta una carrellata dei primi lavori giovanili per poi soffermarsi maggiormente sulle opere realizzate negli ultimi tre anni: Le 120 giornate di Sodoma del 2018, Ritratti di amanti del 2019, ciclo a cui è dedicata un’intera sala, e Silicio, serie iniziata nel 2020. In mezzo i Loading portraits, marchio di fabbrica dell’artista, che lo rendono riconoscibile anche a chi non conosce il suo nome come “quello dei caricamenti”».
INFORMAZIONI – La mostra ha un catalogo edito da Vanillaedizioni con i testi istituzionali e un saggio critico di Filippo Mollea Ceirano. L’esposizione è visitabile dal 23 maggio all’11 luglio nei seguenti orari: il martedì dalle 10 alle 13, il mercoledì e il giovedì dalle 14 alle 18, il venerdì, il sabato e la domenica dalle 10 alle 18. Il biglietto costa 2 euro.