Il film del mese: “Youth – La giovinezza”, ultima fatica di Sorrentino

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Fred e Mick sono due anziani amici che trascorrono una vacanza sulle Alpi svizzere. Fred è un direttore d’orchestra in pensione, Mick un regista alle prese con la sceneggiatura del suo ultimo film. Entrambi riflettono sulla vecchiaia, sui ricordi svaniti e sulla giovinezza di un futuro indefinito…

“Tu hai detto che le emozioni sono sopravvalutate. Ma è una vera stronzata. Le emozioni sono tutto quello che abbiamo”.

youthLECCO – Ultimo in ordine cronologico tra i film italiani presentati in questi giorni al Festival di Cannes, con Youth – La giovinezza Paolo Sorrentino è tornato a calcare i palcoscenici della Croisette, a due anni di distanza dall’anteprima in Costa Azzurra del suo lavoro più controverso e pluripremiato, La Grande Bellezza. Al secondo film in lingua inglese dopo This Must Be The Place, Sorrentino si circonda di un cast ricco di premi Oscar, ben cinque in totale, per raccontare paradossalmente la sua storia più intimista e riflessiva. Dopo gli sfarzi cinici e decadenti del film precedente, qui il regista napoletano racconta un’altra forma di crollo, molto più legata al fattore biologicamente esistenziale. Dal calore caotico della capitale al freddo immobilismo delle Alpi svizzere.

Michael Caine è Fred Ballinger, un direttore d’orchestra deciso a «ritirarsi dalla musica e dalla vita» perché stanco del suo incedere. Vita verso cui si dimostra ormai apatico, privo di ogni tipo di richiesta. Al suo fianco una figlia, cui ha sempre concesso poca attenzione.

youth3E poi c’è Harvey Keitel nei panni di Mick Boyle, apprezzato regista impegnato a scrivere, insieme ai suoi giovani collaboratori, la sceneggiatura di quello che dovrà essere il suo ultimo film, quello del congedo, anche se nemmeno lui ne è del tutto convinto, poco propenso a rassegnarsi a una vita priva di stimoli, proprio come ha fatto l’amico Fred.

Sorrentino è artista che divide, soprattutto dopo il trionfo hollywoodiano de La Grande Bellezza, e certamente sapeva che i detrattori l’avrebbero aspettato al varco. Spesso additato ingiustamente di essere portatore di una talentuosa arroganza fine a se stessa, riesce invece a stupire nuovamente, con il suo gusto tutt’altro che stucchevole per un’armonia estetica che in Youth si trasforma in struggente poesia, grazie anche ai senili duetti ironici tra Fred e Mick.

Si può avere una prospettiva quando ormai si è alla soglia degli ottant’anni? Il regista napoletano prova a domandarcelo (e a domandarselo) attraverso la vita cadenzata, ritmata e cristallizzata di un centro benessere alpino, il Berghotel Sanatorium Schatzalp di Davos, dove Thomas Mann ambientò il soggiorno, causa malattia, del militare Joachim Ziemssen nel suo La montagna incantata. Se Mann decise di addentrarsi nel racconto di una vita che sfiorisce a causa di un male non controllabile, Sorrentino preferisce esporre una vecchiaia sana nel fisico e nella mente, ma piena di quesiti su un domani forse drammaticamente inesistente.

youth1Le incantevoli melodie del compositore David Lang si travestono da Caronte, socchiudendoci gli occhi e cullandoci sopra una lettiga di giornate che Fred costantemente ritma a suon di carta di caramelle e affronta accanto al suo amico Mick, compagno di racconti «solo belli», che solamente certe amicizie possono permettersi, tra sedute di massaggi e lunghe passeggiate.

Youth contrappone vecchiaia e giovinezza anche nella semplicità con cui mostra le diverse vulnerabilità dei due anziani rispetto ai personaggi ancora nel cuore del loro percorso di vita. Come la figlia del compositore, Lena, lasciata da un giorno all’altro dal figlio del regista, invaghitosi superficialmente della cantante pop Paloma Faith. La disperazione di una giovane donna umiliata dal fidanzato insensibile affianca l’esuberanza di un gruppo di sceneggiatori che si rimbalzano idee spesso confuse ma caratteristiche di chi, guardando l’orizzonte da un binocolo, può vedere le montagne e il futuro estremamente vicini.

Anche osservando questa pellicola si può definire lo scollegamento fra la struttura narrativa e l’estetica, come il difetto ricorrente nei film di Sorrentino, seppur in tal caso di minor entità rispetto a La Grande Bellezza. Nonostante la doverosa precisazione, il suo cinema è capace di non perdere nemmeno un briciolo di potenza visiva e profondità concettuale, portando in superficie angosce verso il domani di generazioni che passano lentamente le giornate in cerca di risposte, o semplicemente di passare oltre.

È vera malinconia, Youth, che cresce e ci pervade fino alla fine, in una scalata conclusa sulla vetta della consapevolezza che, nella vita, quello che ci rimane fino all’ultimo respiro sono le emozioni di una perenne e serena giovinezza. Giovinezza che in fin dei conti, a ottant’anni, può risultare più vicina, guardando da quel simbolico binocolo. Perché, forse, le emozioni non hanno davvero età e possono risultare l’unica eterna soddisfazione.

youth2I richiami pop di una Paloma Faith «donna da letto», di un Diego Maradona grottesco, affaticato e appesantito che si trascina mestamente per il centro benessere, così come di chiassose e caotiche scene di videoclip stereotipati, mostrano ulteriormente quanto, mai come in questo film, Sorrentino inserisca se stesso in tutte le sue forme, senza tuttavia porsi al centro dell’attenzione ma straniandosi, tirando le fila e assumendo un ruolo da burattinaio malinconico. Una sorta di Pierrot regista, con meno cinismo del solito, che gli è da sempre imputato, ma con maggiore schiettezza e immediatezza.

Youth è riflessione sinfonica sulla sensatezza di una vita vissuta con sacrifici enormi e sulla prospettiva che possono avere persone che questa battaglia e questi sforzi già li hanno affrontati. È un film che non sa rassegnarsi al torpore e alla mancanza d’inerzia, che non si chiude su se stesso ma si apre alla bellezza, come il corpo nudo e sensuale di Miss Universo.  Un film che si apre al desiderio, come il personaggio di Paul Dano nel mezzo di una giovane inquietudine da attore-osservatore. E si apre all’opportunismo di un’attrice irriconoscente, dal volto rugoso e quasi artefatto della grande Jane Fonda. Tutti sullo stesso piano.

Youth si apre alla vita e a una seconda giovinezza. Uno spartito che, in fin dei conti, non può essere precluso a nessuno.

Davide Sica

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Davide Sica