ARCHIVIO – “Giorno della Memoria”: a Valmadrera un approfondimento su “Sciesopoli Ebraica. Selvino 1945-1948”

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VALMADRERA – Una serata per approfondire la storia di un luogo che tra il 1945 e il 1948 ha accolto circa 800 bambini e ragazzi ebrei sopravvissuti alla Shoah. Si intitola Per la Memoria di Sciesopoli Ebraica. Selvino 1945-1948 l’evento che i Comuni di Valmadrera, Civate e Malgrate propongono congiuntamente in occasione del Giorno della Memoria 2024. Un appuntamento fissato per mercoledì 24 gennaio 2024 alle 21, nella Sala Auditorium del Centro Culturale Fatebenefratelli di Valmadrera, con protagonisti Marco Cavallarin e Patrizia Ottolenghi, da più di un decennio impegnati nel ricostruire e raccontare la storia a lungo dimenticata di Sciesopoli ebraica, nel comune bergamasco di Selvino dove dal 2019 è presente un Museo Memoriale.

Già insegnante di Lettere nei Licei italiani all’estero, lui; già insegnante di Psicologia Sociale e formatrice aziendale, lei: insieme i due relatori approfondiranno le vicende di una struttura che all’indomani della guerra ha accolto orfani da tutta Europa scampati alla violenza nazifascista, che a Selvino – paradossalmente nel grande edificio disegnato dall’architetto Paolo Vietti Violi nel 1932 per educare i giovani al fascismo – hanno ritrovato le proprie identità e ricominciato a vivere.

«Costruita sul territorio del Comune di Selvino nella Bergamasca, Sciesopoli – spiegano, infatti, gli organizzatori della serata – nasce nel 1933 come colonia fascista per i balilla e le piccole italiane. Il 21 settembre del 1945 la colonia di Sciesopoli viene affidata alla comunità ebraica milanese e da essa alla Brigata Ebraica, su decisione congiunta di Ferruccio Parri per il CNL, del Prefetto di Milano Riccardo Lombardi e del Sindaco di Milano Antonio Greppi».

Da qui prende forma una colonia che, sotto la direzione del suo fondatore Moshe Zeiri, diviene simbolo di accoglienza, di speranza e di rinascita: un luogo in cui accogliere orfani provenienti da paesi diversi, in cui aiutarli a riavvicinarsi alla loro cultura ebraica di origine e a guardare al futuro. Un futuro che, per molti di loro, coinciderà con l’emigrazione in Palestina.

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