A “Stirpe selvaggia” di Eraldo Baldini il Premio Manzoni 2017. Un libro che ha lo stupore della fiaba e la crudeltà della Storia

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manzoni17 i finalistiLECCO – Stirpe selvaggia (Einaudi, 2016) di Eraldo Baldini è il romanzo che i cento lettori componenti la giuria popolare del Premio Internazionale Alessandro Manzoni 2017 hanno portato alla vittoria nella serata di sabato 28 ottobre, preferendolo ai romanzi Teorema dell’incompletezza (Feltrinelli, 2017), opera prima di Valerio Callieri, e La malinconia dei Crusich (Bompiani, 2016), di Gianfranco Calligarich. Un romanzo che si muove nella Storia, ambientato sulle pendici dell’Appennino romagnolo, a San Sebastiano in Alpe, un piccolo villaggio ai piedi della Valbuia fatto di case con tetti in arenaria, di storie intrise di magia leggendaria.

«Il mondo contadino – spiega Baldini, antropologo culturale prima che scrittore – è impregnato di una cultura che vive del magico e del soprannaturale. La Storia di cui siamo figli è attraversata dal magico, che ne è componente inscindibile». Ed è così che, nel romanzo, la realtà accoglie con rispetto folletti dispettosi, cani nati insieme al mondo, che del mondo portano l’intera saggezza, lupi come visioni nella selva, donne con poteri divinatori e Uomini Selvatici, progenitori di una stirpe: selvaggia.

Al centro del romanzo, che ricopre un arco temporale di quarant’anni – dai «primi di aprile del 1906» al «novembre 1944» –, scorre il legame di amicizia tra Amerigo, ribelle e amante della selva («era come se avesse l’udito delle volpi, la vista dei lupi, l’olfatto di una faina»), Mariano, amico fedele, e Rachele, cuore puro, gli unici bambini che San Sebastiano in Alpe sembri avere.

stirpe selvaggiaParallelamente alla loro vicenda, il narratore offre al lettore degli excursus sulla vita di alcuni personaggi del paese: Alma, la mamma di Rachele, nelle cui vene scorre la stessa linfa vitale della selva; Ercole, piccolo, raggrinzito e con un cuore grande, che fa le sue apparizioni nel romanzo sempre a cavalluccio sulle spalle della moglie Cristofora; Giulia, la mamma di Amerigo, adolescente avventurosa e giovane donna paziente e fiera; Piuma e Piombo, padre e figlio, segreti e lealtà. Tante storie, come racconti cuciti insieme a comporre il romanzo, che sa un po’ di magia e un po’ di cruda realtà (che, forse, la leggenda serve ad attenuare e ad accettare).

Un romanzo che ha anche il sapore del Far West: «costruiti i personaggi, costruita la narrazione, concluso il romanzo – racconta l’autore ravennate –  ho rivisto il tutto dal di fuori, a mente lucida: “È un western!” ho subito pensato “un western padano”». Leggendo il libro, gliene si dà ragione: già nelle prime pagine, infatti, Buffalo Bill entra in scena, dentro il passato di Giulia e nel presente di San Sebastiano in Alpe e di Amerigo, insieme ai suoi cavalli, ai bisonti e a tutti gli indiani d’America.

Risposta viva all’arida pianura del Far West, è la selva. Presente nel romanzo, non solo gli fa da sfondo, ne è vera e propria protagonista: amica di giochi di Amerigo e Mariano, sorella indivisibile di Alma, amante inseparabile di nonno Luigi, che nei boschi trascorre la sua vita, conducendovi prima Giulia, sua figlia, e poi Amerigo, il suo nipote amatissimo. È nella selva che Amerigo, fin da bambino, si sente al sicuro, tra «gli alberi giganti e severi», dentro il «rigoglio dei muschi», «sui dirupi di frana». Nella selva che, appagata la sua sete rabbiosa di vendetta, si rifugia e fugge e vive «spinto da un impulso più punitivo che salvifico, da un desiderio crudele di addentrarsi nell’ombra fredda dell’estraneità».

manzoni17aÈ lei, la selva, la madre della “stirpe selvaggia” che intitola il libro e che resta immutata e sicura, che resiste alla furia e alla distruzione della guerra, che rimane identica nonostante i mutamenti inevitabili della Storia e dei suoi protagonisti. La selva diventa anche compagna del lettore: lo conduce ad assistere alla storia di crescita e di formazione di Amerigo, figlio di un incontro che ha dell’incredibile, bambino biondissimo e dagli occhi di ghiaccio, ragazzo selvatico col sogno di viaggiare, amico e innamorato, soldato, poi Ardito, assassino, fuggiasco. Leggenda.

Tanti i personaggi che popolano il romanzo, molteplici le suggestioni e i piani di lettura.

Un libro che ha lo stupore della fiaba e la crudeltà della Storia.

Claudia Farina

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.