“Shahrazād”: “I miei piccoli dispiaceri” di Miriam Toews. Una danza tra amore e disperazione, tra bisogno e speranza

0

“Yoli, aveva detto, ti odio.

Mi ero chinata per baciarla e sussurrarle che lo sapevo, che ne ero consapevole. Ti odio anch’io, le avevo detto.

Era la prima volta che in un certo qual modo formulavamo il nostro problema di fondo. Lei voleva morire e io volevo che vivesse ed eravamo due nemiche che si amavano”

Yolandi ed Elfrieda sono due sorelle, protagoniste de I miei piccoli dispiaceri della scrittrice canadese Miriam Toews. Sono nate e cresciute in una comunità mennonita in Canada, alla quale si ribellano, ciascuna a modo suo. Elf è la maggiore, occhi verdi enormi, capelli neri, mani affusolate e forti, da pianista. Gli uomini si innamorano perdutamente di lei, ha una carriera di successo, idee geniali, un innato spirito comico e un marito che la adora. Gira il mondo con le sue tournée e la sua musica incanta ed emoziona chiunque l’ascolti.

Yoli è la sorella minore, impulsiva, una frana nelle relazioni amorose: ha due figli con due uomini diversi, sta divorziando e si procaccia amanti qui e là. Ha una carriera da scrittrice mai completamente realizzata e un conto perennemente in rosso.

Che cos’è che le accomuna? Un’infanzia spensierata, una madre «gioviale, curiosa, felice e impermeabile alla spocchia» e l’amore fraterno che nutrono l’una per l’altra. Yoli racconta la storia in prima persona, tra presente e passato, rievocato spesso in ricordi spassosi e dolorosissimi. «Elfrieda ha un taglio recente appena sopra il sopracciglio sinistro. La fronte tenuta insieme da sette punti di sutura. […] Le ho chiesto come si sia fatta quel taglio e mi ha detto che è caduta in bagno. Chissà se è vero». Due sorelle, due quarantenni dai caratteri così diversi, dalle vite diametralmente opposte. Due modi differenti di affrontare il dolore, la vita. La morte. Elf vuole morire. Yoli non vuole più sentirglielo dire.

Ecco cos’è questo libro, una danza, un tira e molla tra l’amore e la disperazione, tra il bisogno e la speranza, tra ciò che è giusto e ciò che appare sbagliato. È un racconto così reale che ci sei dentro e lo puoi toccare; delicato, umoristico, divertente e straziante. Un percorso dentro i sentimenti di una famiglia, di persone reali, fatte di luci e di ombre, di lati sfavillanti e altri tenebrosi e cupi. Un viaggio in apnea, fatto trattenendo il respiro, che ti spintona, ti strattona, ti colpisce quando non te l’aspetti, e poi ti fa riemergere in un senso di benessere.

I miei piccoli dispiaceri è un libro che fa del bene. Fa passare attraverso la tragedia dell’impotenza, il trauma, la disperazione e la morte, ma spinge di nuovo in alto, verso la superficie. Fa respirare e guarisce. «Questo è il posto dove siamo venute a guarire», dice Yoli riferendosi alla casa decrepita comprata a Toronto, tutta da sistemare, dove lei, sua madre e sua figlia Nora si trasferiscono. E questo libro è il posto in cui tutti noi lettori possiamo venire per farlo.

Claudia Farina

Share.

L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.