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Il 2016 sul grande schermo. La top five dei migliori film

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LECCO – Per iniziare un nuovo anno all’insegna del grande cinema non può mancare la cinquina dei migliori film usciti nelle sale italiane dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016. Nonostante esclusioni eccellenti e dolorose, ecco i cinque migliori film dei dodici mesi appena trascorsi.

5. Animali notturni

animali-notturniLa seconda incursione cinematografica dello stilista Tom Ford è un deciso passo in avanti rispetto al discusso A single man, al quale Animali notturni, thriller elegante e viscerale basato sul romanzo Tony e Susan, indirettamente si lega. Nonostante provenga dal mondo del glamour e dell’estetica, Ford si conferma regista interessato a sviscerare le complessità delle relazioni: prova ne sono i suoi personaggi principali, sia il professor George Falconer nel primo film che la mercante d’arte Susan Morrow in questo suo secondo lavoro. Animali notturni è un viaggio disturbante in una relazione morta da qualche anno e che riprende corpo su due piani narrativi differenti quando l’ex marito della donna, Edward, le invia il manoscritto del suo romanzo, intitolato Animali notturni. Susan inizia quindi una lettura sempre più coinvolgente in un racconto oscuro, barbaro e violento, costretta a riflettere sulle scelte del passato e sulle paure che spesso determinano decisioni che possono cambiarci la vita, Fino al feroce e ambiguo finale. Ogni componente contribuisce a rendere Animali notturni una delle opere cinematografiche più travolgenti degli ultimi anni e il cast è davvero superlativo, da Amy Adams a Jake Gyllenhaal, da Michael Shannon al sorprendente Aaron Taylor-Johnson.

4. Neruda

nerudaDue anni della vita del celebre poeta Pablo Neruda, dal 1946 al 1948, quando venne eletto senatore con il Partito Comunista cileno e successivamente arrestato per essersi opposto alla reclusione dei minatori in sciopero. Pablo Larraín si conferma un regista di enorme talento, padrone del mezzo filmico come pochi. Neruda è un film che viaggia perfettamente sul binario della riflessione politica senza perdere mai di vista il climax drammatico della narrazione. Incredibile come Larraín riesca a dilatare lo sguardo sul film senza relegare la vicenda a un banalissimo racconto biografico, bensì abbracciando altri generi. La sceneggiatura è pervasa dalla poetica dell’autore cileno e il cast è perfetto, dal più esperto Luis Gnecco al più giovane Gael García Bernal, e il vero pregio del film è forse la capacità di avvicinare due argomenti a prima vista agli antipodi come la politica e la poesia, con magistrale funzionalità, annullando ogni definizione antitetica. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2016, Neruda s’inserisce perfettamente tra gli ultimi due film di Larraín, Il club e Jackie. Moderno.

3. Carol

CAROLIl cuore e la passione del cinema targato 2016 sono racchiusi nel pregevolissimo mélo di Todd Haynes, nelle sale a quattro anni dalla miniserie Mildred Pierce. Nella New York ipocrita e conformista degli anni ’50, una ricca donna matura, Carol, incontra una giovane commessa di un grande magazzino, Therese. Tra le due l’attrazione è evidente sin dal primo dialogo. Tuttavia gli ostacoli sociali e culturali alle quali le due donne vanno incontro mettono in pericolo la purezza di un sentimento libero dalle briglie dei pregiudizi. Carol e Therese vivono le preclusioni di una società incapace di accettare in silenzio l’emancipazione dell’amore da qualsiasi ignorante imposizione. Fascino incredibile lo sprigionano la cura degli ambienti, l’equilibrio circolare della sceneggiatura di Phyllis Nagy, la regia calibrata di Haynes che si avvale di caratteristiche risapute del melodramma, attualizzate alla perfezione, e le ipnotiche musiche di Carter Burwell. Magnetiche ed emozionanti le interpretazioni di Cate Blanchett e Rooney Mara, bilanciate soprattutto da un costante scambio di sguardi e di piccoli gesti che incantano lo spettatore. Elegante.

2. Il club

il-clubIncredibile e matura prova registica di Pablo Larraín, che dopo aver concluso degnamente la trilogia sulla dittatura cilena trova l’apice della padronanza tecnica e contenutistica con questo dramma metaforico sull’ipocrisia della Chiesa, ambientato in una casa in riva al mare, dove quattro uomini e una suora convivono in cerca della redenzione dai propri peccati. L’equilibrio viene spezzato dall’arrivo di una quinta persona, portatrice di una serie di problemi che il gruppo di protagonisti pensava appartenessero solo al passato. Larraín con Il club imbastisce un duro e incisivo attacco ad ogni forma di potere, la Chiesa in primis, costruendo un impianto drammaturgico cupo e visionario, un racconto nero in crescendo, disilluso e spaventoso, che termina nello stupendo finale. Il film più caustico e cinico dell’anno, Il club incanta per i toni oscuri della fotografia e per la nitidezza con la quale il regista affronta argomenti estremamente delicati, portandoli all’attenzione e contribuendo a rendere la visione del film assolutamente imprescindibile. Sconvolgente l’apporto del cast, composto perlopiù da interpreti fidati del regista. Sbalorditivo.

1. Paterson

paterson1La classe e la naturalezza con la quale Jim Jarmusch riesce a raccontare la marginalità e la monotonia, con il suo stile non convenzionale e privo di effetti, colpisce per l’ennesima volta e regala un film eccezionale, radicato nella sua atmosfera zen e permeato da un’immaginazione viva, presente e ricca di umanità. Adam Driver è perfetto nei panni di Paterson, un autista di autobus della cittadina di cui porta il nome, la cui vita è scandita da impegni e azioni regolari e identiche. Le giornate lavorative, la convivenza con la fidanzata Laura, interpretata dalla stupenda Golshifteh Farahani, intraprendente e istintiva nella sua circolare fantasia, e le passeggiate con il dispettoso cane Marvin. Nell’assoluta ordinarietà della sua esistenza, Paterson trova l’ispirazione per coltivare la sua passione naturale per la poesia, perfetta metafora del valore dell’arte come simbolo salvifico e libero. Del suo quotidiano Paterson si nutre per riempire le pagine di versi spontanei, ispirati dalla semplicità della sua esistenza, dai racconti delle persone che salgono e scendono dal suo autobus, dalle chiacchierate al pub e per strada e dagli incontri con una giovane piccola poetessa. Paterson si nutre d’arte. Jarmusch compone uno spartito perfetto con riferimenti al doppio, citazioni cinematografiche culminate in un dialogo sull’anarchia tra due ragazzini che anni fa si diedero a una fuga d’amore, musicali, attraverso l’efficace cameo di Method Man, e letterarie, passando da Petrarca al punto di riferimento di Paterson, William Carlos Williams. Un inno alla fantasia, all’arte e alla tenacia nel saper ricominciare anche quando tutto sembra ormai perso, voltando pagina e riempiendo un nuovo foglio bianco di amore e vita. Magnifico.

Davide Sica

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Davide Sica