Metateatralità, coralità ed un’efficace essenzialità nei “Promessi!” di Teatro Invito. Il racconto dell’inaugurazione di “Ultima luna”

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LESMO – Mercoledì 30 agosto il parco comunale di Lesmo è divenuto teatro naturale a cielo aperto e palcoscenico per lo spettacolo di inaugurazione della ventesima edizione de L’ultima luna d’estate, festival promosso dal Consorzio Brianteo Villa Greppi e organizzato da Teatro Invito, dal 2015 riconosciuto a livello nazionale dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Il festival del teatro popolare del Parco del Curone e delle colline della Brianza non poteva che esordire, quest’anno, con Promessi! ovvero i Promessi Sposi in scena, spettacolo inaugurale della prima edizione del festival del 1997, che prende ispirazione dall’opera letteraria che ha portato la Storia e la storia del popolo in primo piano, per la prima volta in modo urgente.

scarlini1Nella serata di mercoledì, alle parole di benvenuto di Marta Comi, presidente del Consorzio brianteo Villa Greppi, e ai saluti di Luca Radaelli, direttore artistico del festival, ha fatto seguito una succosa introduzione al teatro popolare d’arte tenuta da Luca Scarlini, scrittore, drammaturgo e insegnante di tecniche narrative alla scuola Holden di Torino.  «I Promessi Sposi – sostiene Scarlini – sono la linfa vitale non solo della letteratura italiana ed europea, ma anche del teatro, della lirica e del cinema del Novecento. Narrano una storia forte che ha bisogno di essere raccontata». Fin da subito, infatti, le scene esplodono di rappresentazioni drammaturgiche ispirate al romanzo: nel corso dell’Ottocento, si susseguono più di diecimila rappresentazioni dell’opera, tra lirica e teatro.

promessi3Questo spettacolo, drammaturgia di Luca Radaelli, regia di Luca Radaelli e Beppe Rosso, si inserisce nel copioso flusso di ramificazioni del romanzo e affonda le mani nella contemporaneità: attinge, infatti, a una sceneggiatura mai realizzata di Pier Paolo Pasolini, costruita sull’intuizione di assumere il punto di vista di Renzo Tramaglino e raccontare attraverso la tecnica narrativa del flash-back. Cinque i personaggi sulla scena, sedici gli attori che si sono avvicendati in questo spettacolo lungo i suoi vent’anni. Oggi, accanto agli storici Giusi Vassena e Stefano Bresciani, danno prova di sé i giovani e promettenti Federica Cottini, Marco Menghini e Nicola Bizzarri. Anche qui sta il significato di As time goes by, sottotitolo di questa ventesima edizione del festival che punta a far incontrare e interagire generazioni diverse dentro uno stesso spazio narrativo.

promessi4L’approccio drammaturgico metateatrale e la coralità delle scene rendono i protagonisti, componenti della famiglia Tramaglino narratori e interpreti della storia, subito vicini e familiari allo spettatore. La struttura del teatro nel teatro in Promessi! è forte e regge in modo coerente la rappresentazione, dall’entrata in scena fino agli applausi finali. La scenografia colpisce gli occhi dello spettatore per la sua essenzialità: lunghi bastoni sono alberi che si fanno stampelle in mano ai bravi, poi remi di una barca che dondola sul lago e dice addio ai monti; che diventano manette nelle mani della polizia, che si fanno armi feroci dei pestilenziali Lanzichenecchi.

ultima luna lesmoEssenzialità, dunque. Anche nei costumi. Basta un dettaglio a caratterizzare il personaggio: il tricorno, insieme a un paio di occhiali tondi e a un messalino fluttuanti nell’aria, don Abbondio; il cappello, la retina e il bastone bastano a indicare i bravi; una corda stretta sotto il mento e intrecciata sul busto fa la monaca di Monza. Essenziale e popolare tutto lo spettacolo, sulla scena e nella drammaturgia, sorretta da un linguaggio miscellaneo di italiano, diletto, latinorum, spagnolo e accompagnata dal canto corale degli attori, che attinge al repertorio popolare lombardo e imbastisce una tensione rituale, un po’ popolana e un po’ sacrale, lungo tutta la durata della trama.

Il pubblico, coinvolto dagli attori ammiccanti e generosi, si sente parte dello spettacolo: si abbassano le barriere del patto narrativo e lo spettatore si trova dentro la scena. Il risultato è di immediatezza e complicità, due ingredienti che sanciscono il successo della rappresentazione, a lungo applaudita sul finale.

Claudia Farina

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.