Intervista alla cantante lecchese Mara Bosisio: la sua musica, i sogni e gli obiettivi raggiunti

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Mara Bosisio, giovane cantante nata a Lecco e milanese d’adozione e con un album alle spalle. L’abbiamo incontrata e abbiamo parlato di obiettivi raggiunti, sogni, esperienze e aspirazioni. Una lunga chiacchierata nella quale ci ha raccontato il suo amore per la musica, che da passione è diventata un lavoro.

Mara, sei nata a Lecco ma sei ormai milanese d’adozione…

Mi sono trasferita a Milano per necessità dopo il liceo. Ho voluto intraprendere in maniera professionale questo percorso e purtroppo ai tempi solamente a Milano c’erano dei centri altamente professionali per lo studio della musica a 360°, quindi inizialmente facevo la pendolare. Successivamente ho iniziato ad appoggiarmi al college dell’accademia e poi con gli anni ho deciso di stabilirmi in maniera ufficiale a Milano. Non rinnego assolutamente Lecco, ma non mi sento né milanese né lecchese. Sono un po’ figlia della Lombardia.

mara bosisio_modificato-1Com’è nata la tua passione per la musica e quando hai capito di poterne fare un lavoro?

Non c’è stato un punto d’inizio in questa mia passione. Canto fin da piccina, ho ancora a casa i famosi RVM della scuola materna, avevo dai 3 ai 5 anni. Ero una nanetta con un microfono grande il doppio di me. La musica faceva parte di me ed è cresciuta con me, come se fosse totalmente naturale. Poi ho iniziato a capire che in qualche modo volevo dare delle risposte tecniche a questa passione, quindi avere una conoscenza maggiore. Ho iniziato intorno agli otto anni a prendere lezioni di chitarra in maniera amatoriale e poi negli anni, una volta raggiunta una certa maturità, ho intrapreso anche lo studio vocale. Ho deciso d’indirizzare la mia vita totalmente in questa direzione alla fine degli studi. Magari la domenica pomeriggio le mie amiche andavano al cinema e io andavo a studiare canto. Un sacrificio per me e per i miei genitori: a Lecco non c’erano professionisti e quindi mi dovevo spostare in Brianza. Tutto questo mi ha temprata e in seguito ho iniziato a insegnare. Sono entrata a titolo formativo e ufficiale nell’ambito della professione musicale dopo il diploma in questa accademia professionale di Milano, con il conseguimento di un titolo, il CFP, sul metodo Voicecraft. Da lì, oltre all’insegnamento, ho iniziato a fare musica nei locali, a produrre e ad autoprodurmi.

In cosa consiste il metodo della Voicecraft?

Si tratta di un metodo internazionale che nasce in America e si chiama originariamente Estill Voice Training, comunemente chiamato Voicecraft. Tramite questa metodologia impari a conoscere la voce e a impostarla nel migliore dei modi in base al proprio lavoro, che tu sia uno speaker, un attore, un cantante. Un metodo versatile che si sposa su qualsiasi genere musicale. Io non sono insegnante Voicecraft, ma attingo dalla metodologia che ho studiato per insegnare ai miei allievi come non farsi male, come saper riconoscere determinate posizioni vocali e poter tirar fuori la voce al meglio.

Il tuo primo album d’inediti s’intitola “Nessun dialogo”. Un titolo diretto e molto attuale.

Ho sempre fatto fatica a contestualizzarmi nella società. Mi sono sempre vista come un essere alienato che fa fatica a conformarsi, fa fatica a trovare stimoli e spunti di dialogo con le persone. In parte a causa di alcuni freni del mio carattere e anche per l’alta aspettativa che talvolta io mi prefiggo nei confronti delle persone: probabilmente sbaglio. Nessun dialogo perché in questa società in cui viviamo viene sempre meno il dialogo, la comunicazione sincera e spontanea e il senso del valore. Una serie di cose che dovrebbero essere alla base di qualsiasi rapporto. Purtroppo in questo periodo viene anteposta la superficie alla sostanza. Questo è il senso di quel singolo che ha dato il nome all’album. Poi c’è un’altra canzone che s’intitola Come si fa, che riprende il tema della società, con questa società fittizia che si basa sull’apparenza per sovrastare il prossimo e far emergere la propria individualità. Nelle canzoni in realtà non sono così diretta nell’esprimere queste cose. Tematicamente può essere contestualizzato nel presente ma dal punto di vista degli arrangiamenti ormai non mi rappresentano più, perché l’album è del 2013.

Mara_Bosisio-foto 2015 2Hai collaborato con molti artisti noti. Quale tra queste esperienze ti ha segnata in modo particolare?

Ho avuto la fortuna di vivere sempre piacevoli esperienze. In passato ho provato anch’io la strada dei talent e mi sono interfacciata con una realtà troppo più grande di noi, con meccanismi troppo articolati e particolari. Mi sono staccata per scelta. Mi sono staccata non perché mi sono vista chiudere le porte in faccia ma per come mi sono vista chiudere le porte in faccia. Ho fatto la gavetta in totale indipendenza, con tutte le fatiche annesse. Le esperienze piacevoli sono state quelle con Max Cavallari de I Fichi d’India, anche se non è stata un’esperienza prettamente musicale. Con lui ho avuto la fortuna di fare una tournée teatrale come unica figura musicale. Ero l’unica sul palco insieme alla sua spalla comica. Cantavo, suonavo, facevo degli accompagnamenti di sottofondo mentre lui si esibiva con i suoi sketch oppure interagivo con lui in maniera spontanea e genuina. Una bellissima esperienza che mi ha permesso di fare musica in un modo diverso e in un contesto diverso.

In futuro ti vedi al centro di situazioni lavorative più definite oppure sei pronta a sperimentare diverse tipologie di lavoro con la musica?

Sono una persona che si stanca facilmente, ho bisogno di stimoli continui e sono abituata ad accogliere ciò che mi arriva per quello che è. Anch’io cerco d’indirizzare il mio percorso, bussando alle porte di ogni locale per suonare, producendo i miei singoli e i miei inediti. Continuo ad insegnare, a portare avanti il mio percorso puramente musicale. Mi è capitato di fare diverse collaborazioni che si allontanavano leggermente dalla strada maestra: sono cose che non ho scelto, mi sono arrivate casualmente. Ho deciso d’intraprenderle per accrescermi, sperimentare e accumulare nuove esperienze. Adesso per esempio sto lavorando per un canale che si chiama VM TV e sto facendo la veejay al fianco di Andrea La Greca e Silver, due splendidi artisti emergenti. Essendo un ambito nuovo non sai come muoverti e sapendo di non essere un conduttore hai molti limiti del mestiere, sei molto acerbo da questo punto di vista. La nostra arma è utilizzare la spontaneità e la genuinità. Scherziamo molto tra noi e il programma risulta gradevole e carino. Le puntate sono registrate mesi fa, così abbiamo la possibilità di rivederci e prendere appunti su tutto ciò che non va, per non mancare di rispetto ai colleghi e al pubblico.

Un’altra esperienza che voglio ricordare è la partecipazione alla realizzazione della colonna sonora di un cortometraggio proiettato alla Mostra di Venezia, diretto da Valentina Gala. Servivano un paio di canzoni che potessero raccontare la trama di questo cortometraggio, intitolato 30 Dosi. Ho lavorato sulle immagini che mi hanno fornito e sui racconti generici riguardo al progetto e alla trama. La canzone che hanno utilizzato, Biancaneve, inserita nell’album Nessun dialogo, parla di sofferenza e per il cortometraggio era perfetta. Oltre a Biancaneve mi hanno chiesto un remake di Photograph di Ed Sheeran, perché c’erano dei richiami adatti.

Hai avuto l’occasione di cantare in una location suggestiva come il Castello Sforzesco. Hai un ricordo particolare di quella serata?

Eravamo all’interno dell’UEFA Champions Festival, nel periodo della finale che si disputava a Milano. In quel periodo la città si prestava per l’accoglienza e avevano allestito diverse postazioni per permettere a vari artisti di cantare ed esibirsi, creando intrattenimento ventiquattr’ore su ventiquattro. Ci hanno selezionati per suonare all’interno del Castello Sforzesco. Milano era un palco a cielo aperto, dal castello al Duomo. Noi abbiamo avuto la fortuna e l’occasione di suonare all’interno del Castello Sforzesco, su un palco professionale in un contesto soggettivo e intimo. Eravamo abbracciati dalle mura del castello. La gente sentiva la musica dall’esterno, entrava e si fermava. Un’esperienza molto bella che ci ha permesso di essere contattati dalla Just Entertainment di Benedetta Balestri, la figlia di Marco Balestri.

Qual è la difficoltà maggiore che riscontrano secondo te i giovani cantanti che si affacciano nel mondo del lavoro?

Direi la mancanza stessa del lavoro. Anche io busso alle porte dei locali per convincerli a farmi suonare e ricevo più porte in faccia che risposte affermative. Molte volte nemmeno rispondono. Altri hanno invece sposato il mio progetto. Questa è la realtà attuale della musica ma è una difficoltà che esiste in qualsiasi ambito, soprattutto in quello artistico. In Italia le discipline artistiche non sono riconosciute come un lavoro ma come un hobby e noi artisti non siamo tutelati. Per ciò che ci riguarda il lavoro non esiste e bisogna crearselo: bisogna aver pazienza, tener duro, accettare tutte le risposte negative che arrivano. Esiste molta approssimazione e superficialità nell’approccio: un gestore di un locale che si trova di fronte un progetto amatoriale con una qualità inferiore, con un costo inferiore e ne è consapevole, dovrebbe rifiutare. Certe situazioni andrebbero affidate a un direttore artistico che abbia le competenze per capire determinate dinamiche. Siamo un Paese che non ha la pazienza di ascoltare e di scoprire. E servirebbe che gli artisti professionisti non si svendessero e non accettassero compensi imbarazzanti per non perdere l’occasione. Così facendo screditano la categoria stessa. Vince chi tiene duro e vedremo come andrà.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

In questo momento sto lavorando a distanza con l’arrangiatore Fabio d’Amato e sicuramente in cantiere ci saranno altri singoli da sviluppare. Siamo in fase di registrazione su VM, canale 88 del digitale terrestre, per il programma Arrivano i nostri 3.0 e mi si vedrà in questo 2018 come cantante, conduttrice e veejay. Per chi volesse seguirmi può andare sul mio sito marabosisio.com e sui miei canali social Facebook, Instagram e YouTube. Vorrei in futuro riproporre un nuovo album e soprattutto avere sempre più riscontro dal pubblico, la cosa più importante.

                                                                                                                                                                                                                                                                                             Davide Sica

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L'autore di questo articolo

Davide Sica