RADIO FLÂNEUR – “Gardè” di Danilo Sacco. Il ritorno dell’ex voce dei Nomadi è un invito alla fratellanza e alla resistenza umana

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Gardè”, ovvero “state in guardia”: un appello, un monito, un urlo per risvegliare le coscienze e non perdere l’umanità o molto più semplicemente il titolo del nuovo album di Danilo Sacco, ex voce dei Nomadi che dopo quattro anni di silenzio discografico torna sulle scene con il suo terzo lavoro solista. Un disco cantautorale e militante nei contenuti, con tredici canzoni nuove che sono tredici storie funzionali a raccontare la nostra contemporaneità attingendo a piene mani da avvenimenti o personaggi significativi del passato, per aiutarci a decifrare meglio questo presente disastrato con un filo di incrollabile ottimismo, in nome di una nuova umanità e fratellanza da riscoprire e ritrovare al più presto.

In quest’ottica anche lo sport inteso come metafora della nostra vita è fonte di ispirazione, con alcune vicende emblematiche di amicizia e fratellanza che travalicano gli steccati e le divise del campo da gioco: Amico mio, singolo apripista del disco, racconta l’amicizia indissolubile tra la leggenda del rugby sudafricano Joost Van Der Westhuizen e l’avversario neozelandese Jonah Lomu, rivali sul campo nell’epica finale di Johannesburg giocata di fronte a Nelson Mandela, ma amici fraterni nella vita all’epoca dell’apartheid e anche nella successiva fase di malattia che ha colpito entrambi. Lealtà e rispetto, amicizia e solidarietà che a partire dal campo sportivo diventano così valori universali da tramandare e ricordare: “E se anche poi cadessi basterà non farsi male / e non inginocchiarsi mai, né alla vita né al destino / perché io prometto al cielo ed a te prometto al cuore / che non molleremo mai la presa e credimi… Siamo noi e lo sai, amico mio racconterai / chi eravamo vedrai, finché la forza reggerà prenderò a pugni la realtà…”.

Sulla stessa scia si inseriscono Best, fotografia dell’icona del calcio nord irlandese Geroge Best, simbolo di genio ribelle e sregolatezza (“Sarà perché ho sognato in un bicchiere la poesia, ti dico tutti bravi ma George… Best”) e l’iniziale Jesse e Lutz, dedicata all’amicizia, all’onore e al rispetto sportivo e umano tra Jesse Owens e Carl Ludwig Long detto Lutz, rivali nel salto in lungo alle Olimpiadi di Berlino del 1936: una vicenda, quest’ultima, che vide Lutz, destinato a vincere la medaglia d’oro, aiutare per onestà sportiva il rivale americano Owens, che così si aggiudicò il primo posto: “Io mi chiamo Jesse Owens e sono atterrato in questo mondo in bianco e nero / fra sirene di guerre che spaccano il cielo / ma la storia la racconto io / perché ricordo sotto quel cielo azzurro e calmo / una voce mi disse: amico mio, vai a vincere…”.

Parlare della contemporaneità attingendo a storie del passato: è il caso di New York 1911, brano che riferendosi al tragico incendio della fabbrica Triangle di New York – un incidente industriale che causò la morte di 123 donne e 23 uomini – affronta insieme le tematiche dell’emancipazione femminile e della sicurezza sui luoghi di lavoro: “Non c’erano più nuvole sopra New York / la primavera poi quel giorno s’incendiò / guardammo in alto e sai, le mani fra di noi / scoprimmo che la vita poi finiva lì, era di venerdì…”.

L’attualità sociale e politica emerge ancor più in Gardè, canzone dedicata da Danilo Sacco al sindaco Mimmo Lucano quale “esempio concreto di solidarietà e di militanza sociale”, un brano che parla in maniera diretta di immigrazione, sbarchi e pregiudizio nei confronti di chi è costretto a cercare un futuro lontano dalla propria terra d’origine: “Io ti darei i miei giorni feriti a morte dalle tue parole / la freschezza delle nostre tende proprio quando scoppia il sole… / Io ti darò i miei amici lasciati a terra, in cima alla salita / in cima alla salita io pagherò il biglietto con la mia stessa vita… / io non ho niente o quasi niente, nulla / però tu prendimi lo stesso, non puoi lasciarmi qui, non puoi lasciarmi ora, non puoi lasciarmi adesso….”.

Il tema della contaminazione fra culture differenti e della mescolanza come valore aggiunto per costruire un futuro migliore è alla base de La nuova Babele, un gran bel pezzo rock con tanto di assolo di chitarra finale e ritmica serrata: “Ieri ho fatto un sogno, mi sembrava realtà / l’infinito mi appariva nelle diversità / l’unica cura per la mediocrità è vivere in una nuova Babele…”. Lo stesso concetto di incontro e contaminazione vale anche per i musicisti che percorrono ogni giorno La lunga strada, titolo di uno dei brani migliori del disco, una ballata bellissima scritta per Danilo dal cantautore e amico Massimo Bubola: “Abbiamo bevuto pioggia, abbiamo mangiato vento / cantato nella pioggia, pregato nel silenzio / chilometri di nuvole che ci hanno attraversato / chilometri di canzoni che ci hanno accompagnato… / E’ una lunga strada, un grande eterno viaggio / è una lunga strada di sangue e di coraggio / è una lunga strada di sassi e di catene / è una lunga strada, ma la faremo insieme… ”. Di violenza sui minori parla infine la delicata La rosa violata, ninnananna di un padre che racconta tramite la propria voce la violenza subita dalla figlia: “Io avevo una rosa molto più dolce del miele / una rosa che ora so essere fiore in catene / era bianca come neve di ghiacciaio / e ora è rossa come sangue e come il sole di gennaio…”.

Nel nuovo album di Danilo Sacco non ci sono solo storie di attualità e militanza diretta, ma trovano spazio anche altri temi cari al cantautore piemontese quali la voglia di ripartenza e di riscatto presenti in ognuno di noi: è il caso di brani come la rockeggiante Spazza via (“Amico mio, ma cosa vuoi capire di un mondo pazzo che sa solo sopravvivere / l’importante è non rompere le scatole, lo dice la televisione e poi le favole… / mi sono rotto di sentire tutto che non va, voglio godermi un po’ di vita, un po’ di novità / spazzare via la polvere dalla mia anima… / Spazza via la polvere dalla tua città e dalla tua vita…”), la ballata Vedrai (“E vedrai che tutto quanto è solo come un gioco / e sentirai che la vita non si vive mai davvero…”) e Io vivo ancora (“Sto camminando ormai da secoli ed ho perso il conto degli ostacoli… / quello che conta è poi resistere al lieto fine delle favole… / sì, lo so che vivo ancora, io che sorrido ancora…”).

Chiudono il discorso di questo nuovo lavoro altre due canzoni molto più intime e personali, due canzoni introspettive e romantiche in maniera diversa: Sarò qui per te è un inno di fiducia reciproca nei confronti della persona che si ama, in cui canta “Sarò qui per te, sarai qui per me / e ricorda, il resto non conta vedrai…”, mentre la più malinconica Ciao vecchio amore mio guarda a un amore passato e ormai finito da tempo: “Ed ho capito che il tempo sai l’ho sprecato anche io ed allora / ti dico ciao, ciao vecchio amore mio… / tu che volevi un vincente trovati adesso un giocattolo nuovo…”.

Gardè segna il ritorno di Danilo Sacco sulle scene discografiche dopo diversi anni di assenza e continua, sia musicalmente che concettualmente, nel solco tracciato dal precedente Minoranza rumorosa: il nuovo lavoro del cantautore piemontese è un disco di macro e micro storie che prese nel loro complesso aiutano a parlare del presente, a raccontare i nostri tempi per cercare una via d’uscita verso un futuro migliore e più umano. Gardè è un invito a stare in guardia rispetto a quel che ci succede intorno giorno dopo giorno, grazie a tredici storie messe a servizio delle canzoni per raccontare tramite l’esemplificazione che attinge dal passato la complessità del nostro tempo: quello delle storie da raccontare attraverso le canzoni è uno degli aspetti più importanti, utili ma al tempo stesso dimenticati o trascurati da chi vuole fare del cantautorato il proprio mestiere. In questo senso Danilo Sacco è uno di quelli che hanno ancora voglia di mettersi a “servizio della causa”, di fare musica non solo per divertire e divertirsi, ma anche per raccontare e far riflettere chi lo sta ad ascoltare… gardè, gardè, gardè, amico mio!

Matteo Manente

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