RADIO FLÂNEUR: “I Dinosauri” di Cisco, Cottica e Rubbiani. Atmosfere folk d’altri tempi per il nuovo disco dei tre ex Modena City Ramblers

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Una volta erano le Lucertole del folk; oggi, a distanza di vent’anni da quell’appellativo, si fanno  chiamare con una buona dose d’ironia i Dinosauri, sebbene la sostanza non cambi poi di molto: il folk delle origini pulsa ancora forte nelle vene, così come la voglia di mettersi in gioco e raccontare a distanza di tanto tempo nuove storie intrise del solito impegno, della solita nebbia e delle solite zanzare della Bassa, con l’Irlanda ancora una volta in sottofondo a cullare e traghettare verso l’Emilia i ricordi di un’epoca e di una stagione musicale – quella degli anni Novanta – che ha visto proprio questi tre musicisti tra i protagonisti più influenti di quel panorama.

I tre Dinosauri che si celano dietro a questo nuovo progetto discografico, infatti, non sono altro che Stefano “Cisco” Bellotti, Alberto Cottica e Giovanni Rubbiani, alias tre dei membri storici di quei Modena City Ramblers che proprio a partire dagli anni ’90 hanno segnato una generazione, oltre che una nuova fase della canzone d’autore italiana, rinverdendone la stagione dell’impegno in musica a suon di combat-folk. Certo, nel frattempo la storia dice che i tre Dinosauri abbiano lasciato la Grande Famiglia Ramblers per intraprendere nuove strade personali; nonostante tutto, però, è evidente che i tre musicisti fossero rimasti in buoni rapporti e che la voglia di trovarsi a suonare insieme fosse ancora viva, quindi ecco spiegato il senso di questo nuovo disco: dieci canzoni di folk essenziale e minimale – voce, chitarra acustica, fisarmonica, bodhran e poco altro – con altrettante storie da raccontare, in un clima sospeso tra ricordi, inevitabili bilanci e un pizzico di malinconia che però non cede mai alla nostalgia, anzi: come la nebbia padana, sa avvolgere dolcemente senza stritolare.

cisco-2Ecco, se serve una definizione, I Dinosauri è soprattutto un disco che gioca affettuosamente col tempo, coi ricordi e con le sensazioni che l’impasto tra la voce di Cisco e i suoni di Cottica e Rubbiani sanno rievocare ogni volta; in questo nuovo viaggio musicale gli slanci di un tempo si sono quietati a vantaggio di una maggiore consapevolezza e maturità non solo artistica, ma anche di atteggiamento nei confronti degli avvenimenti della vita: niente ritmi indiavolati per pogare o saltare, ma ballate evocative e atmosfere più soffuse, nelle quali la narrazione, le storie e i ricordi di un periodo ben preciso riemergono accompagnati da una pinta di quella buona, scura e irlandese che piace tanto a loro.

È così che inizia questo disco, nel quale l’obiettivo primario pare sopratutto quello di fare il fatidico punto della situazione, il bilancio di quel che è rimasto rispetto alle esperienze passate dopo anni di palchi, concerti, canzoni, viaggi e incontri in giro per l’Italia e per il mondo. Le canzoni presenti nell’album dei tre musicisti emiliani non contengono alcuna risposta definitiva ai nostri dubbi esistenziali, sociali o politici, ma, al contrario, sono come piccole fotografie di quello che negli anni è stato fatto. In questa direzione si muovono brani come Cosa conta, Rewind, Le cose che porto con me e soprattutto Figurine, uno dei vertici assoluti del disco: si tratta di una sorta di Quarant’anni rivisitata per l’occasione, nella quale la rabbia e l’impeto degli esordi lasciano spazio alla voglia di raccontare quel che poi è accaduto veramente negli anni ’90, compresa l’analisi lucida e a tratti dissacrante delle sconfitte maturate in campo politico da quella Sinistra che per tanti, dopo gli anni delle stragi e di Tangentopoli, aveva incarnato e rappresentato la speranza concreta di una rinascita e di un cambiamento radicale del sistema politico-sociale italiano.

Tutto il disco, compresa l’omonima title-track I Dinosauri, ha l’incedere lento tipico dei bestioni giurassici estinti ormai da millenni e anche per questo non mancano le ballate irlandesi più dolci, dallo stile inconfondibile di venticinque anni fa: Qui e Regina di nulla sanno toccare e scavare a fondo tra le sfere dei sentimenti di ciascuno di noi, mentre Nostra signora di nebbie e zanzare racconta di radici e di una terra, l’Emilia, scossa dal terremoto ma sempre in grado di rialzarsi. La conclusiva Tex mette fisicamente i brividi, tanto quanto in epoca Ramblers li sapevano mettere ballate come Ninnananna o La strada: dedicata a un amico non più presente, Tex è un bozzetto acustico di rara bellezza e trasporto emotivo, sulle cui note e atmosfere tipicamente irlandesi si conclude tutto il lavoro dei tre Dinosauri.

All’interno dell’album – nato da una fortunatissima campagna di crowdfunding condivisa con i propri fans – politica, impegno, radici e zanzare si mescolano ai ricordi degli anni passati e degli amici scomparsi, con l’Emilia e l’Irlanda che si contendono la scena in una sorta di danza del tempo nella quale si afferma che “la geografia è destino e la terra su cui cresciamo fa di noi quello che siamo”, in una grande narrazione di un’epoca e di un’epica che c’è stata, è stata vissuta in prima persona dai tre musicisti e ora merita di essere raccontata e tramandata ai posteri, gli stessi per i quali si canta che “i giorni della rabbia arriveranno poi”. Storie che vengono dal passato, raccontano il presente e guardano al futuro: I Dinosauri è tutto questo, ma soprattutto è la testimonianza tangibile dell’incontro e del rinnovato slancio artistico fra tre autori – Cisco, Cottica e Rubbiani – che insieme rappresentano una fetta importante della storia recente della canzone d’autore italiana. Dopo quasi vent’anni di progetti personali – l’ultima collaborazione comune in studio risale infatti a Fuori Campo, 1999 – i tre Dinosauri hanno riportato definitivamente tutto a casa, con in più l’esperienza, la saggezza, la maturità e il distacco necessari per dire che in quei “cazzo di anni ’90”, citando Figurine, sembrava davvero tutto possibile. Al di là delle singole canzoni, quindi, ciò che emerge in maniera netta da questo lavoro è il fatto che la voce di Cisco – unita alla fisarmonica di Alberto e alla chitarra di Giovanni – costituisce ancora una certezza sulla quale poter contare, un luogo sicuro dove ripararsi, un vecchio casolare di campagna nel quale il fuoco del ricordo arde sempre nel camino, pronto a riscaldare e a riaccendere ancora una volta la magia del racconto.

Matteo Manente

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