RADIO FLÂNEUR – “Riportando tutto a casa”: trent’anni fa l’esordio folgorante dei Modena City Ramblers e di un genere che avrebbe fatto scuola

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1994, da qualche parte fra la Via Emilia e l’Irlanda…

Ci sono i Pogues e l’amore viscerale per l’Irlanda,
Bob Dylan e le radici emiliane verso le quali riportare sempre tutto a casa.

Ci sono Pietrangeli e Contessa, Bella Ciao e tutto l’eroismo della Resistenza, Bob Geldof con il suo Bicchiere dell’addio e i Funerali di Berlinguer, ultimo faro di una Sinistra che ancora poteva chiamarsi tale… per tutto il resto, “A m’in ceva un caz”!

Ci sono Stefano Benni con Ahmed l’ambulante e Charles Dickens con un Canto di Natale riadattato, Shane MacGowan e tutti quei poeti maledetti in bilico nel loro pezzo di cielo sospeso fra New York, Parigi e Dublino.

Ci sono la dolcezza trasognante di Ninnananna, così come gli amori incontrati o soltanto immaginati In un giorno di pioggia, gli strumenti tipici del folk irlandese uniti alla tradizione cantautorale emiliana.

Ci sono il “combat-folk”, inteso come genere identitario che avrebbe fatto scuola per molti altri gruppi di lì a pochi anni, coniugato con l’impegno sociale e politico come stella polare da seguire nel proprio cammino, sull’esempio cantato dai fratelli Gang nell’iconico “Le radici e le ali”.

Ci sono Falcone e Borsellino, il Cavaliere nero e il Manifesto in copertina, la kefiah palestinese e – Tant par tachér – i primi testi in dialetto emiliano, le stragi di stato e i Quarant’anni di una Prima Repubblica ormai allo sbando, che nelle intenzioni di molti doveva lasciar spazio a una nuova stagione politica alle porte.

2024, da qualche parte fra la vita sognata e quella vissuta…

C’è un tempo che a distanza di trent’anni sembra essere sparito nel nulla, che non esiste praticamente più, ma che è esistito ed è stato bellissimo aver attraversato o anche solo accarezzato qualche anno dopo, con tutte le contraddizioni del caso, con la rabbia e la speranza tipica dei quindici-vent’anni, con l’utopia e la disillusione per degli ideali che spesso appaiono come ricordi sbiaditi lungo la strada.

Ci sono i dischi della vita e “Riportando tutto a casa” è stato veramente uno di questi, sia per i Modena City Ramblers, che nel 1994 si affacciavano come esordienti sulla scena musicale italiana autodefinendosi Delinqueint ed Modna, sia per chi di quei sogni sospesi fra la nebbia della Bassa padana e le brughiere dell’Irlanda si nutriva e continua a nutrirsi, trenta primavere dopo, con la stessa passione e lo stesso entusiasmo di allora.

Trent’anni dopo – canzone dopo canzone, concerto dopo concerto, disco dopo disco – abbiamo davvero e definitivamente riportato tutto a casa… ma l’angelo bianco è ancora seduto vicino alla finestra, pronto a indicarci la via da intraprendere per combattere e resistere alle intemperie della vita, fra la voglia di “combat-folk” e la necessità di un nostro pezzo di cielo dove ritrovarci ancora una volta per brindare con un bicchiere levato e dirci che, nonostante tutto, è stato un viaggio straordinario e irripetibile.

Matteo Manente

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