“Shahrazād”: “Le muse di Klimt” di Paola Romagnoli. In una Vienna fin de siècle, la storia di Gustav Klimt e delle donne che l’hanno ispirato

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La bellezza, musa ispiratrice di un libro che presenta la vita e l’opera di Gustav Klimt e che immerge il lettore nella Vienna di fine Ottocento, nel suo rinnovamento e fervore culturale. Si tratta di Le muse di Klimt di Paola Romagnoli, volume che è stato presentato mercoledì 18 aprile nella rinnovata serra di Villa Filippini a Besana Brianza, quarto appuntamento con la rassegna letteraria iterfestival. Un libro che, in perfetta affinità con il tema di questa edizione della kermesse promossa dal Consorzio Brianteo Villa Greppi, parla proprio di bellezza, di un bello che Klimt insegue per tutta la vita, come un’ossessione: lo cerca nella Natura e nei corpi, in quelli femminili, che ritrae e che dipinge in mille bozzetti e nei suoi quadri.

In Le muse di Klimt, Paola Romagnoli, con una penna accurata e attenta ai dettagli, intreccia la vita del maestro viennese alle vite delle donne che lo circondano e che lo ispirano: personaggi realmente esistiti, come Emilie Flöge, Marie Zimmermann, Alma Schindler, o nati dalla fantasia dell’autrice, come Olga, bellezza selvatica e perfetta sintesi dei desideri dell’artista.

«Vienna, fine Ottocento – 1918». Così si apre la parte centrale del libro che, collocata tra un prologo e un epilogo misterioso, copre l’arco temporale di un ventennio circa. Attraverso una coralità di personaggi veri e fittizi, entriamo nella Vienna del tempo e ci troviamo a passeggiare e a discorrere con alcuni dei più grandi nomi del tempo: Emilie Louise Flöge, per esempio, stilista e imprenditrice, che fu la compagna di vita di Klimt; l’architetto Franz Hoffmann e l’artista Egon Schiele, amici e confidenti del pittore; il dottor Siegmund Freud, che spopolava a Vienna per le sue cure innovative («ne parlano tutti a Vienna – dice Clara Klimt, sorella di Gustav – di come sappia guardare dentro e curare l’animo»).

Polifonico e corale è, del resto, l’intero romanzo che, narrato in terza persona, mette in luce di volta in volta i punti di vista, i pensieri, le sensazioni dei diversi personaggi. C’è una voce che fa eccezione e sviluppa una linea narrativa che scorre in filigrana nel romanzo: attraverso lettere anonime, il personaggio parla direttamente a Klimt con un tono onirico e surreale che sembra provenire da uno dei suoi quadri. A questa voce, il lettore non sa dare immediata attribuzione, anche se è chiaro che appartenga a una donna. Interrogata sulla questione durante l’incontro, Paola Romagnoli ha risposto che la «voce sirena» è nata come asse centrale del romanzo, attorno a cui si è sviluppata poi la narrazione ampia in terza persona che abbraccia gli altri personaggi.

Tema del libro e della serata, la bellezza è anche intrinseca ai dipinti di Klimt, che punteggiano tutto il libro, scandendone il ritmo: ogni capitolo, infatti, porta il titolo di un’opera del pittore e racconta l’ispirazione che l’ha suscitato. Il lettore si trova dietro lo sguardo dell’artista nell’istante in cui nasce l’opera e si sente unito a lui.

Fuori da un rigoroso ordine cronologico, gli episodi presentati spaziano tra Vienna, Venezia, Parigi, l’Olanda, l’Attersee – il lago che Klimt amava, e sono tenuti insieme da alcuni temi ricorrenti, che rivelano la personalità del protagonista, contraddittoria ma sempre autentica. Ambivalenti sono i piani su cui Klimt cammina, in punta di piedi come un funambolo: la voglia di amare e la paura dell’abbandono, il desiderio e il sentimento di inadeguatezza; la tenerezza verso i bambini e l’impossibilità per lui di essere padre presente per i suoi figli; la maternità, vissuta in modo sofferto da lui stesso, figlio, e provocata come «incidente» a sua volta; la tensione verso una donna e la consapevolezza di essere «incapace, non portato all’amore». E c’è un colore prevalente, che guida il pittore e il romanzo stesso: il blu, il blu dell’acqua – elemento naturale di Klimt che amava nuotare e passare lunghi pomeriggi sul lago a osservare e a ritrarre paesaggi –, il blu del velluto, il blu dei dettagli che contano.

Come nell’arte di Klimt le pennellate, così nelle pagine di Paola Romagnoli le parole svelano i dettagli, appaiono dense e pastose sul foglio. La scrittura di questa autrice è materica, come colore sulla tela.

Claudia Farina

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.