“Bon Mariage”, una commedia brillante sull’amore coniugale, dai tempi dei belletti ai giorni nostri. La recensione dell’ultimo spettacolo in gara a Merate

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MERATE – «Perché un matrimonio duri a lungo bisogna innamorarsi più volte. E della stessa persona». È il matrimonio il tema al centro dell’ultimo spettacolo in concorso al Festival Nazionale di Teatro Città di Merate, andato in scena domenica 24 novembre sul palco dell’Auditorium comunale Giusi Spezzaferri. Bon Mariage, la commedia brillante ideata e interpretata dalla Compagnia Teatro Impiria di Verona, ha riempito il teatro e conquistato il pubblico.

Ambientata nella Francia dell’epoca dei lumi, la pièce – per la regia di A. Castelletti, anche autore del testo – offre uno scorcio ironico sull’aristocrazia parigina Settecentesca, imbellettata e sontuosamente mascherata dietro pensieri illuminati e vagheggiamenti filosofici. In un susseguirsi di situazioni e colpi di scena, il rigore della filosofia – impersonata dai personaggi di Monsieur Batteux e il Marchese Parraunet – viene però presto sopraffatto dalla seduzione femminile, e lo spettacolo è un’altalena di pensieri e riflessioni sulla famiglia, sulla fedeltà, la gelosia, l’amicizia, il desiderio e la virtù; sulla necessità di conciliare la felicità del singolo con la morale e i paradossi della società.

Monsieur Batteux e il Marchese Parraunet eleggono la filosofia a loro primo e autentico amore e argomentano sul tema del matrimonio e dell’amore coniugale: rincorrono la Verità e, per tutto il tempo dello spettacolo, cercano di trovare la giusta definizione a che cosa sia la Morale, senza alla fine trovarla.

Sono le figure femminili – la moglie di Batteux, la figlioletta adolescente, la sua giovane amica e una affascinante approfittatrice –, che irrompono sul palco come in un vorticoso ballo di corte, a scompaginare i pensieri filosofici e a mettere in discussione le teorie di volta in volta sostenute e faticosamente dimostrate.

In un lessico ricercato e appartenente al passato, le sentenze e le citazioni filosofiche sull’amore diventano veri e propri giochi di parole, che confondono i personaggi e incantano lo spettatore: «Pochi pensano scioccamente di poter ottenere un grande successo senza sforzo, in qualunque campo della vita, ma quasi tutti pensano scioccamente di poterlo ottenere senza sforzo nel matrimonio», dice il Marchese Parraunet a Madame Batteux.

Curati nel dettaglio, la scena e i costumi sono punti forti dello spettacolo, che mette in scena il gioco del pronunciato e del non detto: le gonne delle madames e mademoiselles sono telai di carta, che mettono a nudo i personaggi con i loro pensieri e svelano l’inconsistenza sotto l’apparenza.

Claudia Farina

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.