Il “Compleanno afghano” di Ramat Safi. La recensione dello spettacolo

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LECCO – Terza tappa della trilogia degli stranieri portata in scena dal Teatro Cargo di Genova, al Sociale di Lecco venerdì 15 maggio è arrivato lo spettacolo Compleanno afghano, diretto da Laura Sicignano. Unico interprete sul palcoscenico il giovane Ramat Safi, la cui vita e la cui storia hanno fatto da trama per un’opera ricca di drammaticità ma anche di sofferta speranza.

Fuggito da un giorno all’altro dal suo Paese, Ramat ha percorso più di tremila chilometri attraversando Pakistan, Iran, Turchia e Grecia, prima di arrivare in Italia. Un viaggio della disperazione e tristemente attuale: partito adolescente, ora è un giovane uomo che attraverso il teatro è riuscito a imparare a leggere e a scrivere. È riuscito a comunicare.

compleanno afghanoCompleanno afghano è uno spettacolo che colpisce soprattutto tramite l’ascolto. Attraverso le parole spesso trascinate di Ramat, che pur non essendo un attore professionista e avendo imparato l’italiano relativamente da poco, riesce a compensare alcuni limiti inevitabili con il carisma, la simpatia e quella voglia viscerale di raccontarsi e di avvicinarsi.

Ramat si muove sul palcoscenico facendoci conoscere i suoi compagni in comunità, sorridendo velatamente quando affronta il tema delle ragazze e incupendosi parlando del periodo in carcere, o del viaggio in mare, dove «le onde erano più alte anche di questo teatro». Tutto ciò interagendo con bolle di sapone, torte di compleanno e palloncini, forse per alleggerire e per bilanciare una narrazione travagliata, complessa.

Compleanno afghano è tuttavia uno spettacolo che forse avrebbe meritato maggior coraggio. L’impressione è quella di un’interazione col pubblico a tratti semplicistica, giocata essenzialmente sulla drammatica vita di Ramat e, conseguentemente, sulla stimolazione emotiva nello spettatore. Peccato, perché la storia di Ramat, meritevole di essere conosciuta e raccontata, si sarebbe potuto proporla con più originalità, cercando di colpire il pubblico occidentale con modalità meno canoniche, maggiormente legate ad aspetti che esulano dalle informazioni confusionarie che gli organi d’informazione diffondono quotidianamente.

Nonostante la lodevole bravura di Ramat e l’impegno registico di puntare sulla carica e sull’esuberanza del giovane, a fine spettacolo un po’ di amaro in bocca rimane, per un compleanno che si sarebbe potuto festeggiare in maniera diversa, con più idee. Perché forse la chiave per poter affrontare un argomento stratificato e complesso come quello che Ramat ha, suo malgrado, dovuto portare sulle spalle e all’attenzione del pubblico, è la ricerca di una proposta più coraggiosa. Per osare, ogni tanto. Per uscire dagli schemi di giudizi troppo condizionati e poco votati a diversi piani di riflessione, necessari per affrontare un argomento come quello proposto dallo spettacolo della Sicignano.

 Davide Sica

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Davide Sica