#IViaggiDelFlâneur – Strasburgo, “uno scenario urbano europeo”

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Lei è la madre. Tanto di uno, quanto dell’altro; entrambi morenti, adesso uguali perché senza uniformi, finalmente mano nella mano. Nel centro di Place de la République, scenografico anello di congiunzione tra città vecchia e Nuova, un monumento ai morti della Grande Guerra ci dice che qui, in questa città oggi simbolo di Unione, Europa e pace, il filo della Storia si è più volte attorcigliato.

Città delle strade, certo, ma anche di canali, chiuse e ponti, Strasburgo è soprattutto lei, madre che piange il figlio francese e quello tedesco, che riconosce entrambi come suoi, che unisce le diversità in un’unica, grande famiglia. Realizzata nel ’36 dallo scultore Léon-Ernest Drivier, questa pietà laica è simbolo di una terra di confine, troppe volte di conquista. Una terra che, proprio per questo, è necessariamente – e non casualmente – casa dell’Europa di oggi e di domani.

Eclettica, con le sue influenze francesi e tedesche, con quel mix di tradizione e modernità. Internazionale, con le istituzioni europee, le Università, la vocazione cosmopolita. Imprevedibile, con tutto un mondo che si estende oltre il suo celebre centro storico e con la vivacità di quartieri come Krutenau, che con le chiatte divenute bar mantiene il ricordo, forse, del suo passato da borgo di pescatori.

Strasburgo è una sorpresa.

Innanzitutto per la Grande-Île, isola circondata dal fiume Ill e collegata al resto della città con 21 ponti e passerelle, dichiarata già nel 1988 Patrimonio UNESCO. Incantevole e tradizionale, è un tuffo nel Medioevo: un susseguirsi di case a graticcio, Winstube, piazze più o meno grandi, corsi d’acqua, vicoli – o Grand’Rue – che come tentacoli si dipanano dalla Cattedrale. Molto turistica: è proprio lì, infatti, che si trovano anche La Petite France, i Ponts Couverts o il Barrage Vauban, da cui scattare la celebre fotografia sulla città e i suoi ponti. La sera, con un’illuminazione appena accennata, passeggiare a fianco dell’Île, lungo il recentemente pedonalizzato Quai des Bataliers e in direzione di Krutenau, può essere emozionante.

 

Ma Strasburgo è incontro di stili e di culture. Uno scenario urbano europeo, come l’ha definita sempre l’UNESCO quando nel 2017 ha scelto di estendere il riconoscimento anche alla Neustadt, ossia quella parte di città costruita dal nulla tra il 1871 e il 1914, subito dopo l’annessione prussiana dell’Alsazia. Pensata come vetrina della potenza del neonato stato tedesco, la Neustadt contrappone – o, meglio, aggiunge – al nucleo medievale grandi piazze, ampi viali alberati, prospettive ed edifici scenografici, innovativa progettazione del paesaggio. Uno scenario urbano che nasce come propaganda – ne è un chiaro esempio la chiesa protestante di San Paolo, edificata proprio in questa fase come simbolo di riconquista e di un nuovo potere tedesco, ben visibile da diverse parti della città – e che nella Strasburgo di oggi è riconciliazione tra identità diverse.

Una riconciliazione che passa anche per il suo ruolo di capitale europea: non una marchettata alla Francia, come purtroppo si è sentito dire, bensì l’intento di costruire a partire da qui, dalle ceneri di un passato ingombrante, da una terra più volte teatro di scontri tra europei, una nuova, pacifica, visionaria identità collettiva. E certamente la visita a Strasburgo passa anche dai palazzi delle istituzioni comunitarie e, più in generale, europee: innanzitutto il Parlamento dell’Unione, adagiato anch’esso sull’Ill, spettacolare costruzione di vetro, metallo e legno, ma anche la Corte europea dei diritti dell’uomo e il palazzo del Consiglio dell’Europa.

E se c’è tempo per un breve viaggio in tram, il senso di un’Europa unita e senza confini si può toccare con mano – e non in senso figurato – raggiungendo il Pont Beatus-Rhenanus, ponte pedonale e ciclabile inaugurato nel 2017. Su una riva, Strasburgo e la Francia; sull’altra, la cittadina di Kehl e la Germania. Nel mezzo, sospesi sopra il Reno, appoggiati al parapetto, una rassicurante ed emozionante consapevolezza: che si vada a sinistra o a destra, che si scelga una sponda o l’altra, saremo sempre, e comunque, a Casa.

Valentina Sala

Foto @ Valentina Sala

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L'autore di questo articolo

Valentina Sala

È la “flâneuse” che non smette mai di flaneggiare (?): in continuo vagabondaggio tra luoghi (certo) e soprattutto nuovi progetti da realizzare, dirige il giornale in modo non proprio autoritario (!). Ideatrice e cofondatrice de Il Flâneur, non si accontenta di un solo lavoro. Giornalista, ufficio stampa culturale, insegnante di Comunicazione, indossa l’uno o l’altro cappello a seconda delle situazioni. Laureata in Editoria con il massimo dei voti, ama approfondire il rapporto tra città e letterati (sua, infatti, la tesi sulla Parigi di Émile Zola e la Vienna di Joseph Roth), i romanzi che raccontano un’epoca, i film di François Truffaut, le grandi città e, naturalmente, il viaggio flaneggiante, specie se a zonzo per le strade d’Europa. Per contattarla: valentina.sala@ilflaneur.com